Un discorso del giudice della Corte Suprema americana sulle differenze tra legislatori e giudici
L’Istituto Bruno Leoni offre in traduzione un capitolo del nuovo libro (A Republic If You Can Keep It) di Neil Gorsuch – nominato da Donald Trump, nel 2017, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America – dedicato all’analisi delle differenze tra il ruolo di un legislatore e quello di un giudice e dei pericoli che si corrono quando ci si dimentica di quelle differenze.
Sulla scorta della lezione di Antonin Scalia, il giudice Gorsuch ricorda che, in una società democratica, i legislatori possono fare appello alle proprie convinzioni morali e fare affidamento su giudizi in merito all’utilità sociale, quando novellano il diritto nel modo in cui, secondo loro, questo dovrebbe essere, mentre i giudici non dovrebbero fare niente di tutto ciò. La separazione dei poteri è, dunque, un meccanismo di tutela della libertà individuale: se al giudice fosse consentito legiferare – prosegue Gorsuch – i principi del giusto processo e dell’uguaglianza di fronte alla legge sarebbero messi a repentaglio: potrebbero le parti sperare davvero di conformarsi ai precetti imposti dalla legge, o sarebbero piuttosto abbandonati alla mercé della regola retroattivamente applicata dal futuro giudice-legislatore che essi abbiano avuto la ventura di incontrare? E non avrebbe il giudice la tentazione di usare la sua novella autorità legislativa per soccorrere le parti verso le quali prova affinità o simpatia e per nuocere a quelle che non godono del suo favore?.
Ecco perché – conclude Gorsuch – è necessario difendere il modello “tradizionale” dell’attività giurisdizionale, quello secondo cui i giudici devono sforzarsi (per quanto sia possibile a un essere umano e, quindi, in modo imperfetto) di applicare la legge così com’è, concentrandosi su ciò che è stato, non su ciò che sarà, guardando al testo, alla struttura e alla storia e non alle proprie convinzioni morali o alle conseguenze politiche che secondo loro servirebbero al meglio la società.