La Corte costituzionale è intervenuta su una decisione della Regione Liguria, che adottava un “prezzo di riferimento” per un particolare farmaco. Tali vicende sono emblematiche del bivio al quale si trova la nostra sanità.
25 Luglio 2008
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Economia e Mercato , Politiche pubbliche
Silvio Boccalatte
La Regione Liguria è intervenuta riguardo al “prezzo di riferimento” (limitando la spesa rimborsabile al Servizio sanitario nazionale al solo costo del farmaco generico) per gli inibitori di pompa protonica, già reso illegittimo dal TAR, che rilevava come la Regione avesse effettuato un’istruttoria insufficiente a dimostrare l’effettiva equivalenza tra il farmaco generico e gli altri farmaci presenti nella relativa categoria terapeutica. Quell’avvertimento però veniva superato dalla Regione, con un provvedimento amministrativo.
Sotto un profilo squisitamente tecnico-costituzionale la soluzione della Corte è perfettamente coerente con la propria giurisprudenza. Tuttavia, la tecnica del “prezzo di riferimento”, nient’altro che un controllo burocratico del mercato del farmaco se adottata da un assicuratore pubblico operante in regime di monopolio, viene qui ribadita in una versione marcatamente centralistica. Se è vero che con una soluzione come questa si cerca di impedire che le esigenze di cassa dei singoli sistemi sanitari regionali portino ad ipotizzare equivalenze avventate tra farmaci diversi, il fatto di continuare a rifiutare logiche di mercato condiziona le aspettative che i pazienti possono nutrire verso il SSN.