Focus 129. Fanno il silenzio e lo chiamano Ordine (dei giornalisti)

L’esistenza stessa dell’Ordine dei Giornalisti costituisce una minaccia alla libertà di parola. Secondo la Costituzione, la manifestazione del pensiero può avvenire liberamente, quindi vi è una contrapposizione frontale rispetto all’Ordine dei giornalisti.


Il Focus IBL prende spunto dalla vicenda di Pino Maniaci, direttore di una tv siciliana antimafia, recentemente incriminato per esercizio abusivo della professione. Secondo la Costituzione, la manifestazione del pensiero può avvenire “liberamente”, quindi vi è una contrapposizione frontale rispetto all’Ordine dei giornalisti, creato dal regime fascista con il Regio Decreto 26 febbraio 1928, n. 384, al solo scopo di impedire che soggetti non ideologicamente “allineati” potessero svolgere attività giornalistiche.

Che l’iscrizione obbligatoria all’Ordine non sia necessaria a garantire la professionalità dei giornalisti lo provano non solo la sua evidente incompatibilità coi principi di libertà di parola, ma anche il fatto che l’esistenza dell’Ordine dei giornalisti pone l’Italia in una situazione quasi unica nel mondo occidentale.

Senza andare a scomodare il Primo Emendamento alla Costituzione Americana, basti rilevare che, nel mondo europeo, Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, Austria, Olanda, Germania, Grecia e Finlandia non hanno nemmeno una legge che regolamenti la professione del giornalista, mentre in Francia esiste solo una definizione legale di “giornalista” dettata dal Codice del Lavoro.

Focus 129. Fanno il silenzio e lo chiamano Ordine (dei giornalisti)

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