Una valutazione dell’enciclica, soprattutto per quanto riguarda il mercato e il ruolo dello Stato.
16 Luglio 2009
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
L’ultima enciclica sociale di papa Benedetto XVI, Caritas in veritate, ha aperto un dibattito animato, sia per l’autorevolezza dell’autore che per le implicazioni di una tale presa di posizione.
Il testo esprime un netto apprezzamento per il dinamismo dell’economia libera, ma manca un rigoroso rigetto del ricorso alla forza (a livello dei fini) e una compiuta comprensione delle virtù del pluralismo concorrenziale (a livello dei mezzi). A più riprese il piano della giustizia e quello della carità in qualche modo si confondono: con il risultato che la carità rischia di snaturarsi e la giustizia di smarrirsi. La legittimazione di logiche coercitive trae origine da questo, contro però l’ispirazione fondamentale del cristianesimo.
In larga parte del cristianesimo, e quindi anche nel Magistero papale, permane una forte difficoltà a comprendere i benefici dello sviluppo di istituzioni volontarie, pattizie, contrattuali, federali, basate insomma non sulla forza e sulla minaccia, ma su un’adesione spontanea.