Tra i metodi di risoluzione delle controversie, la mediazione non è volta semplicemente a liberare le aula di giustizia dall’ingorgo di processi, ma è contraddistinta da una maggiore rapidità ed economicità
La recente approvazione alla Camera dell’art. 60 del ddl n. 1082 B ha impresso un’accelerazione al processo riformatore nel campo dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie (ADR). Ma il rischio è che la questione non venga impostata nel migliore dei modi.
La mediazione non è uno strumento semplicemente “deflattivo”, volto cioè a liberare le aula di giustizia dall’ingorgo di cause e processi, ma possiede qualità proprie: la mediazione si contraddistingue infatti per una minore invasività sociale e psicologica rispetto al rito e alla sentenza ordinari, una maggiore rapidità ed economicità, una vicinanza più alle forme dell’equità, gli interessi, che non a quelle della legittimità, i diritti.
C’è invece il pericolo che il legislatore non valorizzi tali aspetti, dominato da una visione esclusivamente transattiva della mediazione. Già il fatto di prevedere un addebito in caso di mancato accordo, in ragione di incentivi premiali e di sanzioni, rischia di far smarrire il senso autentico della mediazione, quale forma di negoziazione spontanea. Resta difficile immaginare che la mediazione possa conoscere in Italia il successo che ha avuto negli Stati Uniti se fin dall’inquadramento legale non viene compresa nella sua specificità.