La nuova regolamentazione pubblicitaria rischia di produrre effetti anticoncorrenziali. L’imposizione sotto forma di legge di precisi limiti costituisce una barriera all’entrata per futuri concorrenti nelle attività televisive.
La nuova regolamentazione pubblicitaria contenuta nel “decreto Romani” rischia di produrre effetti anticoncorrenziali. L’imposizione data in forma di legge di precisi limiti non solo costituisce una barriera all’entrata per futuri concorrenti nelle attività televisive, costrette a trovare finanziamenti principalmente attraverso i canoni di servizio, ma impone anche un vincolo alla programmazione televisiva: le trasmissioni, nelle televisioni a pagamento, non potranno trovare uno spazio adeguato qualora l’emittente non riesca a coprire i costi attraverso i ricavi derivanti dagli abbonamenti o, in alternativa, discriminando sulla qualità degli altri programmi forniti da un determinato canale.
Le regole introdotte dal decreto Romani presuppongono che i media siano in qualche maniera assimilabili a un immenso servizio pubblico, ma questi vincoli non solo sembrano contrastare con le direttive comunitarie, rappresentano anche un oggettivo ostacolo allo sviluppo dell’offerta radiotelevisiva.