La riforma degli enti lirici voluta dal governo è indispensabile per arginare una situazione che rimane irrisolta. A dispetto dei contributi pubblici alle fondazioni lirico-sinfoniche, negli ultimi anni solo la metà ha chiuso il bilancio in pareggio
Nonostante le forti opposizioni a cui sta andando incontro, la riforma degli enti lirici voluta dal governo appare indispensabile per arginare una situazione che da troppi anni rimane irrisolta. L’opera è un settore di nicchia, e per sopravvivere necessita di ingenti sussidi pubblici. L’insieme dei contributi che perviene alle fondazioni lirico-sinfoniche è composto per circa il 64% da sussidi statali, per il 28% da autonomie locali e per circa l’8% dall’apporto dei privati. Nel 2004, solo 4 fondazioni liriche su 14 hanno chiuso l’esercizio in attivo. Nel 2007 e nel 2008 sono diventate 7, con la Scala che ha chiuso il bilancio in pareggio.
Il decreto di riforma cerca allora di porre rimedio a tale situazione. Tra i passaggi che hanno suscitato le maggiori polemiche, quello riguardante il trattamento del personale operante nelle fondazioni liriche, che assorbe intorno al 70% del finanziamento pubblico. Ma i problemi riguardano anche l’autonomia delle fondazioni, il mancato coinvolgimento dei privati e i criteri attraverso i quali vengono erogati i contributi. Le misure approvate dal governo sono indispensabili per far sopravvivere le fondazioni.