Alcuni buoni suggerimenti per ripensare l’università italiana sono riconoscibili nella riforma avviata in Inghilterra, che promette benefici dovuti all'alleggerimento dei conti pubblici e dalla concorrenza tra università per offrire un servizio più appetibile.
12 Settembre 2011
Argomenti / Politiche pubbliche
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Uno dei maggiori punti di debolezza della situazione italiana è da ricondursi al sistema universitario. Gli atenei hanno bisogno di più risorse, ma soprattutto hanno bisogno di un utilizzo migliore dei propri fondi.
Alcuni suggerimenti per ripensare l’università italiana giungono dalla riforma avviata in Inghilterra dal premier David Cameron. La qualità delle università passa dalla disponibilità di risorse adeguate, ma questo, specie in un periodo di tagli di bilancio, necessita che a finanziare il sistema siano, in primo luogo, gli studenti stessi: da qui la scelta di ridurre i finanziamenti diretti e sostituirli con un massiccio piano di “prestiti d’onore” a favore degli studenti, tale da permettere anche un innalzamento delle rette di iscrizione.
In questo modo si otterrebbe il doppio risultato di finanziare l’università senza aggravare i conti pubblici, ma soprattutto si inaugurerebbe una competizione che obbliga le università a lavorare al meglio e metterebbe gli atenei privati allo stesso livello di quelli pubblici. Soprattutto, la riforma fa dipendere dalle iscrizioni degli studenti – e quindi dalla decisione di chi paga – il futuro delle singole università.