Non c’è ragione o evidenza per credere che i consumatori non siano sufficientemente informati quando scelgono un tipo di bevanda piuttosto che un altro. In questo caso, il paternalismo appare gravido di costi e pressoché privo di benefici
Con sempre maggior frequenza si sta affermando la tendenza del legislatore a correggere attraverso interventi normativi gli stili di vita delle persone.
Un esempio recente di questo tipo di regolazione è stato l’obbligo introdotto dal precedente governo a carico dei produttori di inserire almeno il 20% di succo di frutta nelle proprie miscele dissetanti. Mentre i benefici di una misura simile sulla salute delle persone sono quantomeno dubbi, più realistici sarebbero gli effetti distorsivi sul mercato agroalimentare e la violazione della libertà di circolazione delle merci nel mercato europeo.
Non c’è ragione o evidenza per credere che i consumatori non siano sufficientemente informati quando scelgono un tipo di bevanda piuttosto che un altro. In questo caso, il paternalismo – oltre ad avere un risvolto odioso nei confronti della responsabilità individuale – appare gravido di costi e pressoché privo di benefici.