In questa lettera aperta, scritta con l’aiuto e la consulenza di un “rude perforatore”, Carlo Stagnaro smonta il teorema Andrea Camilleri e Paolo Valentini, promotori di una petizione contro l'esplorazione petrolifera della Val di Noto.
19 Giugno 2007
Argomenti / Ambiente e Energia , Politiche pubbliche
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
In una lettera aperta ad Andrea Camilleri e Giovanni Valentini, promotori di una petizione contro l’esplorazione petrolifera della Val di Noto, l’Istituto Bruno Leoni smonta il teorema dello scrittore e del giornalista. Non solo la ricerca di gas (e non di petrolio) non mette a rischio il patrimonio storico e artistico della cittadina siciliana, ma neppure i timori di un impatto negativo sul turismo sono fondati.
Camilleri si chiede come reagirebbero al Nord se qualcuno proponesse di fare un buco in mezzo alle più belle piazze, siano esse di Duomo o Signoria o San Marco. Esattamente come dovrebbero fare a Noto, dice il perforatore mio. Lo seppellirebbero con una risata. Le trivelle, fortunatamente, ancora non si vedono.
In verità, senza che lui le vedesse già due buchi fecero. Inoltre, avere il permesso di cercare idrocarburi non vuol dire fare buchi dove si vuole. Ci vuole un altro permesso per ogni buco. Considerando che Noto barocca sta in cima a un colle e che i buchi costano, l’idea che uno sondi da lì quello che sta sotterra è impensabile.