Il rischio è di tornare all’idea per cui il governo degli affari è affare del Governo
24 Ottobre 2019
Argomenti / Ambiente e Energia , Diritto e Regolamentazione , Politiche pubbliche
Giuseppe Portonera
Forlin Fellow
Con la riforma del golden power contenuta nel decreto sulla cybersecurity in via di conversione, il governo dispone di poteri sempre più ampi e discrezionali.
Dopo la riforma del 2012 che ne aveva circoscritto l’ambito di applicazione identificando chiaramente gli asset sui quali il Governo poteva esercitare i poteri speciali, tutti gli interventi successivi hanno ampliato e reso più arbitrarie le facoltà del Governo.
L’elemento che più preoccupa è dato dal continuo ampliamento della categoria della “strategicità” delle imprese. L’impressione è che la valutazione di “strategicità” di un settore o di un’attività non sia frutto di una considerazione obiettiva, rigorosa e di lungo periodo, ma tradisca un momentaneo interesse dell’esecutivo pro tempore a presidiare un determinato comparto economico. In questo modo, però, un meccanismo “straordinario” quale quello del golden power perde sempre più il carattere di eccezionalità, per diventare uno strumento nell’arsenale dello Stato (nuovamente e attivamente) interessato a indirizzare, quando non proprio a controllare, l’attività delle più importanti società.