La sanità non è mai gratis e per gestirne i costi bisogna innanzitutto renderli noti
Pur apparendo “gratuita”, la sanità universale non lo è affatto: la pagano i contribuenti, attraverso la spesa pubblica, gli utenti, attraverso i ticket, e la stessa economia che ruota intorno alla salute. All’interno delle varie componenti della spesa sanitaria, quella farmaceutica consente – per le sue caratteristiche – importanti margini di risparmio per il sistema sanitario.
Questo paper analizza la legislazione e la giurisprudenza in materia di ricorso ai farmaci biosimilari, un settore in cui il delicato bilanciamento tra contenimento della spesa e garanzia del diritto alla sicurezza e appropriatezza terapeutica deve quotidianamente essere garantito in primo luogo dalla libertà prescrittiva e da una corretta attribuzione di ruoli e competenze a ciascun attore, privato e pubblico, coinvolto nella tutela della salute.
Un diverso indirizzo volto a selezionare cure e terapie sulla base di ragioni di contabilità potrebbe compromettere il diritto alla salute come concepito nel nostro ordinamento. Ma non solo: intervenire a valle sul problema del costo della sanità pubblica vorrebbe dire negare agli stessi cittadini che quel problema esista, di fatto acuendolo col passare del tempo. Se, al contrario, si volesse correttamente affrontare il problema fin dalla radice, si dovrebbe dichiarare in modo trasparente che il sistema sanitario nazionale, per com’è costruito, carica su di sé una serie di costi che non solo esistono, ma che risultano, allo stato attuale, sempre meno sostenibili di fronte all’obiettivo universalistico che quello stesso sistema si propone di perseguire.
Sarebbe, questo, il modo per iniziare a dare credito a modelli sanitari che, senza voler venire meno al dovere di garantire la salute, non lo sovrappongono a un modello esclusivamente pubblico e prestazionale.