Non essendo capace di una gestione efficiente, l’amministrazione fa ricadere sui fornitori il peso dei tagli
4 Aprile 2016
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Politiche pubbliche
Paolo Belardinelli
Research fellow IBL e fellow London School of Economics
Con il decreto legge n. 78/2015 è stato introdotto l’obbligo, per gli enti del Servizio sanitario nazionale, di proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti in essere al fine di contenere la spesa sanitaria. Nel caso in cui non venisse raggiunto un accordo con i fornitori entro il termine di trenta giorni dalla proposta, gli enti del Servizio sanitario nazionale hanno diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico degli stessi.
In sostanza, stando a questo provvedimento l’amministrazione, nei panni degli enti del Servizio sanitario nazionale, sarebbe ora legittimata a ridiscutere unilateralmente i contratti.
Il provvedimento è l’ennesima manifestazione di un modo di operare ormai conforme al nostro sistema sanitario: non essendo capace di gestire le proprie organizzazioni in maniera tale da risparmiare risorse o renderle aderenti al principio di economicità, in sostanza l’amministrazione si avvale del suo potere coercitivo per far ricadere sui soggetti con cui ha stipulato un contratto i costi dei necessari tagli di spesa, rinegoziando coattivamente i termini degli accordi.