Il bonus 18 andrebbe ulteriormente riformato, trasformandolo in un credito riservato alle famiglie a basso reddito
La legge di bilancio per il 2023 introduce significativi cambiamenti nel bonus per i diciottenni. Si tratta di veri miglioramenti?
Quello che si vede del bonus 18enni è lo stimolo generato dallo stanziamento di risorse pubbliche sul lato della domanda di prodotti culturali per i giovani. Si vede anche, tuttavia, che questo beneficio ha interessato il 70 % del totale dei potenziali beneficiari nell’arco dei primi cinque anni. Quello che non si vede è sia se quella fruizione di prodotti culturali, in primis i libri di cui si nota un incremento, ci sarebbe comunque stata, dato soprattutto il particolare momento di lockdown vissuto dagli italiani, sia la distribuzione del beneficio tra giovani appartenenti a famiglie meno e più abbienti. Anzi, il fatto che l’utilizzo del bonus fosse ancorato al possesso di SPID e all’uso dell’apposita app induce a supporre che sia stato di più facile accesso a ragazzi provenienti da realtà familiari e sociali di medio-alto reddito, mentre non è riuscito a raggiungere le categorie più deboli.
La riforma disposta dal governo Meloni, che condiziona l’accesso al bonus al reddito ISEE o ai voti conseguiti alla maturità, nel complesso è positiva. Ma potrebbe essere ulteriormente sviluppata: da un lato, infatti, si continuano a inserire in un unico paniere prodotti molto diversi tra loro, nella indubbia difficoltà di definire a priori cosa sia prodotto culturale. D’altro lato, il meccanismo premiale, per quanto teoricamente incentivante, non sfugge a distorsioni possibili se previsto così in astratto (non è affatto detto, per fare un solo esempio, che lo stesso voto di maturità esprima uno stesso giudizio in tutte le scuole d’Italia).
Per questo, la riforma più opportuna sarebbe stata quella di trasformare il bonus cultura in un credito per l’acquisto di testi e manuali scolastici, magari riservato ai giovani provenienti dalle famiglie a basso reddito.