Luci e ombre del Sunshine Act italiano
2 Settembre 2019
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Politiche pubbliche
Giuseppe Portonera
Forlin Fellow
Questo focus analizza i contenuti della proposta di legge “Baroni”, che vuole essere, per l’Italia, ciò che, per gli Stati Uniti, è stato il Sunshine Act. Il che vuol dire che la proposta intende rendere «trasparenti» i rapporti, aventi rilevanza economica, intercorrenti tra le imprese e i soggetti o le organizzazioni che operano nel settore della salute, attraverso l’introduzione di un obbligo di pubblicità delle convenzioni e erogazioni in denaro, beni, servizi e altre utilità effettuate da un’impresa farmaceutica.
Come si mette in luce nel focus, però, la legge arriverebbe, una volta approvata, là dove le decisioni aziendali sono già arrivate, dimostrando come le spontanee dinamiche di mercato possano giungere da sole senza l’intervento del legislatore, che, a quel punto, giunge tardivo e sostanzialmente ridondante. Difatti, a partire dal 2016, l’industria farmaceutica ha già auto-regolamentato, per mezzo del proprio Codice deontologico e senza dover attendere l’intervento del legislatore, l’ambito della trasparenza rispetto alle relazioni “rilevanti” tra aziende e operatori sanitari; e, come accade per ogni tipo di incentivo reputazionale, quando, all’interno di un dato mercato, si comincia a tenere in conto un particolare valore nell’orientare le proprie scelte di consumo, le imprese ricevono una decisa spinta ad adeguare, in modo consequenziale, le proprie pratiche e i propri standard.
Il caso della trasparenza nel settore dei rapporti tra imprese farmaceutiche e operatori nel settore della salute non fa eccezione, visto che – secondo i dati resi disponibili da Farmindustria – oltre il 70% degli operatori sanitari ha già fornito il proprio consenso alla pubblicazione dei dati che li riguardano, senza necessità di una coazione esterna diversa dalla pressione degli incentivi reputazionali.