La cultura giuridica italiana mostra il consueto disprezzo nei confronti del diritto di proprietà
5 Settembre 2017
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Teoria e scienze sociali
Silvio Boccalatte
Sono migliaia gli immobili occupati da anni in Italia, da immigrati ma non solo. Palazzi pubblici, spesso edifici destinati a edilizia popolare e in qualche caso private abitazioni che vengono sottratte ai legittimi proprietari.
Una situazione di illegalità che, tuttavia, viene accettata dall’inerzia dell’amministrazione pubblica, e persino giustificata dai giudici e dalle leggi.
Il recente sgombero di via Curtatone è solo uno dei tanti nodi al pettine di una cultura giuridica sprezzante nei confronti del diritto di proprietà, che negli anni ha privato tale diritto delle sue garanzie anche di fronte a fenomeni di lampante violazione, come le occupazioni.
Ne è ultima riprova la circolare del ministero dell’interno di questi giorni, che prevede un censimento dei beni immobili pubblici e privati inutilizzati, perché vengano utilizzati a fini abitativi. Ora, sulla carta il titolare può godere del proprio bene anche lasciandolo del tutto inutilizzato: v’è da supporre che interventi simili vogliano preludere ad un sistema in questa facoltà venga di fatto negata, perlomeno in relazione ai beni immobili.
Alla base di questo sconsiderato disprezzo per il diritto di proprietà c’è senz’altro un tradizionale equivoco da lotta di classe che divide il mondo tra ricchi, percettori “parassitari” di rendite di posizione e poveri, lavoratori o no. Ma c’è anche un più recente atteggiamento ipocritamente compassionevole da parte delle istituzioni pubbliche.