La parola (definitiva) del giudice europeo sul diritto d’autore
La Corte di giustizia europea ha sconfessato l’interpretazione che il legislatore italiano aveva ritenuto di poter dare dell’obiettivo, fissato nella direttiva Barnier, di apertura del mercato dei diritti d’autore. È stata così provata la fondatezza delle critiche che, negli scorsi anni, diverse ricerche dell’Istituto Bruno Leoni avevano già evidenziato, a partire dall’indebita restrizione del mercato ai soli organismi di gestione collettiva costituiti in forma associativa o di ente no-profit, con l’esclusione delle entità di gestione indipendenti.
L’analisi della sentenza mostra che il suo effetto principale consiste nell’eliminazione di una distinzione artificiosa che il legislatore ha inserito nella strutturazione del mercato di riferimento, che da oggi in avanti dovrebbe vedere la competizione tra le varie tipologie di collecting society, anche con sede in paesi esteri, purché in possesso di iscrizione nel registro detenuto da AGCOM, e che non dovranno più “mascherarsi” necessariamente da società no-profit».
Pertanto, la sentenza della Corte di Giustizia europea va salutata con favore, seppur con una punta di rammarico per il tempo che fin qui è andato perduto a causa di una ostinata volontà del legislatore interno di limitare la concorrenza sul mercato del diritto d’autore, sfidando la chiara indicazione politica che veniva dall’Unione europea.