Alcune proposte per intervenire su amministrazione e personale
Un nuovo anno scolastico è cominciato palesando i problemi di sempre: carenza di organico, ritardi nella sua assegnazione, classi numerose; a cui vanno aggiunte annose questioni di carattere strutturale come la formazione e le modalità di reclutamento degli insegnanti, il loro livello retributivo, la valutazione dei ragazzi e molto altro ancora. Una possibile soluzione potrebbe prendere la strada di una maggiore autonomia da concedere ai singoli istituti?
Questa analisi parte dal presupposto che, nonostante in questi anni si siano susseguite numerose riforme e decreti, una vera autonomia, il cui percorso è iniziato nel 1999 con il DPR 275, non sia ancora stata realizzata. Se l’autonomia scolastica doveva contribuire a rendere più efficiente ed efficace il sistema di istruzione in Italia, il bilancio che se ne può fare, a più di 20 anni del DPR n. 275, è negativo. Come si evince dalla lettura del DPR n. 275, fin dall’inizio ha prevalso nel legislatore una concezione funzionalista dell’autonomia come articolazione interna dello Stato. L’autonomia funzionale è solo l’altro nome del centralismo burocratico, è la sua continuazione con altri mezzi.
Anche la recente riforma della scuola prevista dal PNRR, se interviene su alcuni dei punti richiamati in precedenza, non lo fa adottando soluzioni che contemplino una maggiore autonomia per gli istituti scolastici. Il paper prova invece a delineare scenari diversi e contrapposti alla situazione attuale, soprattutto in merito a due aspetti: la questione istituzionale e amministrativa e quella relativa al personale. Sul primo punto, nella proposta qui illustrata, il pletorico apparato del Ministero dell’Istruzione viene ridotto radicalmente e ricostruito in modalità sussidiaria, rispetto alle autonomie scolastiche, con gli istituti scolastici retti da un Cda, il quale – in merito al secondo punto – prende le decisioni fondamentali e assume il dirigente, che assume gli insegnanti.