La riforma dell’incentivazione delle fonti rinnovabili è doverosa, ma nella forma proposta dal governo molto rozza.
Per questo occorre ripensarla facendo salva la certezza del diritto, e cercando strumenti più efficaci per la determinazione dei sussidi
Le strategie seguite finora dal nostro Paese sono state orientate da due principi del tutto discutibili, producendo gravi distorsioni: (a) le fonti verdi non sono state incentivate in funzione del beneficio ambientale, ma della presunta struttura dei costi; (b) l’incentivo incorpora costi burocratici e amministrativi sotto forma di lunghi tempi di attesa e gravi incertezze.
Dal punto di vista del controllo dei costi, sarebbe opportuno regolamentare l’installazione di una parte almeno della nuova capacità attraverso un sistema di aste, allo scopo di far rivelare agli operatori i loro costi e spingere verso un livello sostenibile le remunerazioni garantite. Esse potrebbero convivere con altre forme di incentivazione, tendendo però a una convergenza, per evitare lo svilupparsi di nicchie di rendita insostenibili per la collettività e i consumatori