La voglia ricorrente di considerare il risparmio privato come un bene a disposizione del potere politico
Dall’idea del Fondo di Previdenza Complementare INPS all’ipotesi d’intervento pubblico a garanzia degli investimenti dei fondi pensione, si fa avanti nel dibattito la convinzione che lo Stato debba intervenire anche sul secondo pilastro, perché maggiormente in grado di orientarne le risorse verso l’economia italiana. Anche nella Nota di aggiornamento del DEF e nell’ultimo rapporto annuale dell’INPS si riprende la proposta di un fondo previdenziale integrativo pubblico, peraltro annunciata anche dal Presidente dell’INPS Pasquale Tridico. Eppure, oltre il 30% del patrimonio investito dai fondi pensione è già oggi allocato in attività domestiche, senza considerare i circa 10 miliardi di liquidità contando i quali si arriverebbe a circa il 40% di attività detenute in Italia. Anche riferendoci soltanto alla componente obbligazionaria governativa, su 55 miliardi di titoli di Stato detenuti, oltre il 51% sono italiani e questa quota era anche più alta (56%) in fasi critiche per il nostro debito pubblico, come il 2011, quando la politica di investimento delle forme pensionistiche complementari ha pertanto contribuito ad attenuare le tensioni cui gli stessi titoli erano sottoposti.
Il cosiddetto home bias dei fondi pensione – che, va ricordato, gestiscono risparmi privati e non soldi pubblici – è pertanto molto forte se rapportato con il peso che il nostro Paese ha sugli indici di mercato globali e tenendo anche conto dell’esposizione complessiva che gli iscritti, in quanto cittadini, hanno già sul rischio-Italia. L’idea di un fondo previdenziale pubblico, quindi, più che essere orientata alla previdenza integrativa di milioni di lavoratori, aiuta semmai a capire come sia in atto in alcuni ambienti una riflessione che punta non solo all’utilizzo di soldi pubblici per il risanamento di alcune aziende oggettivamente problematiche ma, anche, alla mobilitazione a tal fine di risorse private seppur gestite da investitori istituzionali.
In conclusione, se i buoni rendimenti dei fondi pensione possono essere ottenuti o incrementati attraverso un maggiore ricorso all’investimento in asset class direttamente collegate all’economia reale è un dibattito aperto all’interno del mercato – che ne sta valutando rischi ed opportunità anche in relazione ad iniziative consorziate volte a massimizzarne l’efficacia – ma è un dibattito che deve rispondere prima di tutto all’esigenza di efficientamento dei portafogli dei fondi e non alla voglia ricorrente di considerare il risparmio privato come un qualcosa che, all’occorrenza, possa essere a disposizione del decisore politico.