L’Europa ha fatto della riduzione unilaterale delle emissioni una priorità politica, e ha scelto di perseguire questo fine con un complesso sistema di cap & trade.
28 Novembre 2008
Argomenti / Ambiente e Energia , Diritto e Regolamentazione , Economia e Mercato , Politiche pubbliche
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
Le forzature italiane hanno già portato a una riduzione degli impatti del pacchetto clima, ma ciò è avvenuto al costo di una maggiore opacità del sistema. La verità è che il pacchetto non è migliorabile: è sbagliato, costoso e irrilevante dal punto di vista ambientale. La cosa più responsabile che l’Europa potrebbe fare è ammettere di aver compiuto un grave errore di valutazione e tornare indietro sui propri passi. Se però ciò non accadesse, come è probabile, allora il governo italiano fa bene a tenere le sue posizioni, anche se questo dovesse significare il ricorso al veto: il 20-20-20 è il teorema dell’irrilevanza europea.
La soluzione migliore sarebbe quella di perseguire un accordo internazionale per facilitare il trasferimento tecnologico e aumentare la libertà economica. Ma, se proprio l’Europa ritiene di dover dare un segnale, sarebbe meglio buttare all’aria tutte le pletoriche strutture finora realizzate e istituire una carbon tax: non è il migliore dei mondi possibili, ma quanto meno è il minore dei mali.