Analisi e proposte, dalla separazione delle carriere al nuovo CSM, alla luce del «caso Palamara»
14 Ottobre 2020
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Teoria e scienze sociali
Francesco d’Errico
Mario Arbotti
È a tutti noto l’esito del caso Palamara”, una vicenda che ha come oggetto principale la degenerazione correntizia della magistratura, anche delle dinamiche interne al suo organo di autogoverno. Una situazione denunciata da anni dall’avvocatura penale e dalla minoritaria componente garantista del paese.
Si è creato un intenso dibattito circa le possibilità di riforma, in generale della magistratura come ordine e potere, ed in particolare del Consiglio Superiore della Magistratura come suo organo di autogoverno e come luogo principale di gestione di ogni momento della carriera dei togati.
Le due ipotesi di riforma più dibattute sono, da una parte, quella presentata dall’Unione delle Camere Penali Italiane, che prevede, insieme ad altre importanti modifiche, la separazione delle carriere dei magistrati e quindi la conseguente creazione di due diversi CSM – uno per la magistratura requirente e un altro per la magistratura giudicante – e dall’altra quella del sorteggio dei membri togati del Consiglio Superiore, sostenuta da alcuni esponenti dell’accademia e della politica – ma al momento priva di un reale percorso parlamentare.
Nel paper si tratteggiano i punti fondamentali delle varie proposte di riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e se ne offre una breve analisi, indirizzata a comprenderne sia il possibile impatto sull’ordinamento, sia le principali conseguenze e le concrete prospettive da esse offerte. Il tutto nella certezza che tale momento non è più rimandabile, per liberare le energie soffocate dalla patologia correntizia e ripristinare il criterio del merito e di una gestione orientata al rispetto dello Stato di diritto e di una giustizia giusta.