Un limite massimo del 5% equivale, di fatto, a un divieto di sconti
I libri non potranno essere scontati più del 5%. E’ questa la principale novità della legge, appena approvata in Parlamento, per la promozione e il sostegno della lettura.
Un limite massimo del 5% equivale, di fatto, a un divieto di sconti.
Questo focus ripercorre alcune delle più frequenti domande che hanno accolto la novità, provando a dare una risposta alla luce dello stato dell’editoria e della giurisprudenza in materia di concorrenza e prezzo dei libri: i libri sono beni come gli altri? L’editoria è in crisi? Il limite di sconti abbassa il costo dei libri? Aiuta la vendita di libri? Aiuta la lettura? Aiuta le piccole librerie e i piccoli editori? E’ contrario alla concorrenza? Cosa succede all’estero?
Dopo aver risposto a questi interrogativi, si conclude che l’obiettivo del divieto di sconti non è promuovere la lettura né il pluralismo dell’offerta editoriale. Anzi, c’è solo da preoccuparsi di un simile divieto, come già fece anni fa l’Antitrust quando si affacciò la proposta del tetto del 5% agli sconti anche sui libri scolastici, rilevando “le rilevanti ripercussioni che tale disposizione può esplicare sia dal punto di vista strettamente concorrenziale che dal punto di vista sociale” (AS211).
L’obiettivo, a dispetto delle intenzioni ufficiali, si riduce esclusivamente a proteggere i piccoli librai. Tuttavia, anche per questo scopo, ammesso che sia opportuno, difficilmente la legge sarà efficace. La vita dei piccoli librai e dei piccoli editori è sicuramente difficile. Che però il divieto di sconti o i limiti alle campagne promozionali siano per essi un aiuto ad andare avanti è altrettanto difficile, dal momento in cui saranno i primi a subire gli effetti di quei limiti, il cui impatto per Amazon o per i big player continuerà ad essere irrisorio.