Special Report – Quando il fisco dipende dal gioco

Per gestire le esternalità negative del gioco l’Italia dovrebbe guardare al modello britannico di finanziamento volontario delle “good causes” da parte dei concessionari


25 Aprile 2014

Argomenti / Politiche pubbliche

Lucio Scudiero

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Il settore del gioco ha subito profondi mutamenti nell’arco degli ultimi anni. Questi mutamenti – che ne hanno cambiato sia l’organizzazione sia la fiscalità – hanno consentito una notevole espansione del settore. La disciplina italiana dei giochi è incentrata sul cosiddetto “modello concessorio”, contraddistinto dalla riserva statale nella regolazione dei giochi, e l’affidamento a soggetti imprenditoriali privati, previa gara pubblica, della concreta gestione della filiera economica connessa al gioco. Queste riforme hanno determinato un significativo aumento del giro d’affari, spiegabile in larga misura come “fuga” dal mercato illegale e quindi contenimento delle attività esposte a rischio di criminalità.

Le riforme future (il sistema vigente in Gran Bretagna appare un buon modello a cui ispirarsi) potrebbero essere utili a cementare la legittimazione sociale del gioco, contribuendo ad affrontarne in modo puntuale ed efficace i profili di rischio e determinando maggiore trasparenza nell’impiego dei ricavi allo scopo di contrastare patologie e dipendenze. Una disciplina fiscale più stabile e coerente potrebbe garantire ricavi significativi all’erario, senza alimentare ritorni verso il mercato illegale.

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