L’armonizzazione fiscale viene spesso proposta come una soluzione alla “concorrenza fiscale sleale”; in realtà i costi dell’armonizzazione sono probabilmente molto superiori ai benefici.
2 Dicembre 2010
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Economia e Mercato , Politiche pubbliche
Dalibor Rohac
L’evidenza mostra che, poiché ciascuno Stato fissa le proprie aliquote guardando anche alle scelte compiute altrove, più concorrenza fiscale tende a tradursi in aliquote più basse.
La più comune delle tesi contrarie alla concorrenza fiscale asserisce che la concorrenza distorce l’allocazione dei fattori mobili di produzione tra Paesi diversi. Ma la concorrenza fiscale non può essere presa in considerazione a prescindere dal processo competitivo di apprendimento in virtù del quale i soggetti presenti nelle diverse giurisdizioni possono cercare di migliorare le istituzioni del proprio Paese osservando e copiando quelle dei Paesi vicini. Un’armonizzazione imposta eliminerebbe questo meccanismo evolutivo di apprendimento e di mutamento istituzionale.