Un Parlamento in cerca di identità?

Il Parlamento ha un peso sempre minore nella produzione legislativa, acquisendo progressivamente il ruolo di semplice “validatore” delle scelte dell’esecutivo


7 Marzo 2022

Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Politiche pubbliche

Vitalba Azzollini

Giuseppe Portonera

Forlin Fellow

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il Presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato, hanno recentemente richiamato l’attenzione pubblica sull’apparente crisi in cui versa il Parlamento: l’organo che, nella nostra architettura costituzionale, è incaricato di rappresentare le istanze collettive sembra sempre più farraginoso, lento e ben lontano dall’esprimere il proprio ruolo di “espressione” della volontà popolare.

Questo Briefing Paper indaga le modalità in cui si manifestano le carenze delle Camere, valutando come a ciò corrisponda l’espansione e talora la supplenza da parte di altri organi costituzionali. A tale scopo, l’indagine viene svolta in riferimento a tre diversi scenari, ossia i rapporti tra Parlamento, da una parte, e Governo, Corte costituzionale e Presidenza della Repubblica, dall’altra. La ricerca, in particolare, mette in rilievo una sorprendente discrasia: a fronte di una certa inerzia ordinaria, infatti, il Parlamento ha mostrato uno straordinario attivismo in sede di conversione dei decreti e, soprattutto, di riforme costituzionali.

In particolare, quanto ai rapporti tra Parlamento e Governo, si rileva come quest’ultimo abbia assunto il ruolo di attore legislativo primario, si osserva che la progressiva espansione del ruolo normativo del Governo a discapito del Parlamento, a mezzo dell’abuso della decretazione d’urgenza e dei voti di fiducia, nonché del sorgere di una particolare forma di “monocameralismo alternato”, dovrebbe far scattare un campanello d’allarme.

Quanto ai rapporti tra Parlamento e Corte costituzionale, invece, il problematico modus operandi che il giudice delle leggi ha inaugurato con la nota sentenza “Cappato”. Se, da una parte, riconoscono una certa condivisibilità del modus della Corte, quanto ai suoi presupposti, dall’altra rilevano che esso si espone a un rilievo di realismo critico: può, infatti, sospettarsi che il Parlamento scelga di raccogliere l’invito della Corte ad agire solo in quei casi in cui avverta il rischio di un intervento troppo penetrante da parte dell’ordine giudiziario, lasciando invece che, negli altri casi, sia proprio il giudice delle leggi a esercitare una piena “supplenza” legislativa.

Eppure, all’inerzia del Parlamento nell’esercizio della funzione legislativa è corrisposto un suo iper-attivismo sul piano delle modifiche costituzionali. Nel corso di questa legislatura, sono state approvate tre riforme che possono, senza tema di smentita, definirsi “storiche” (una sulla tutela dell’ambiente e altre due che hanno ridisegnato il volto del bicameralismo). Per gli autori, «è quantomeno sorprendente che un Parlamento, che esibisce un passo rallentato e affaticato quando si tratta di approvare leggi ordinarie, si scopra poi coeso al punto di modificare in modo permanente e profondo la Carta fondamentale, cioè le regole del gioco».

Si può concludere che, se è vero che il Parlamento ha subito negli anni una progressiva compressione delle proprie prerogative è altrettanto vero che le Camere non sembrano mostrare alcuna voglia di riscatto. Più che uno scivolamento di poteri, insomma, pare un liberarsi dal peso delle proprie responsabilità. Tuttavia, di fronte a un Parlamento che ondeggia fra uno stato di crisi e un atteggiamento in cerca di alibi, l’invito che viene dagli autori della ricerca è quello di individuare modi e tempi per ripristinare la centralità dell’organo legislativo, dal momento che allo svuotamento della rappresentanza politica della nazione si accompagna il rischio di facilitare, per la mancanza di un terreno di confronto, la spettacolarizzazione di quelle tensioni che il processo democratico, come regola dialogica, è anzitutto chiamato a disinnescare.

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