Le conseguenze sugli investimenti diretti di un'uscita dall'Eurozona e dal mercato unico
21 Dicembre 2017
Argomenti / Economia e Mercato , Politiche pubbliche , Teoria e scienze sociali
Francesco Del Prato
Sono molte le analisi che spiegano perché uscire dall’Euro non è una buona idea, descrivendo le conseguenze attese che deriverebbero da una scelta simile. Ma quale sarebbe l’impatto sui foreign direct investments (flussi di capitali internazionali, tipicamente nella forma di trasferimenti da grandi aziende nelle proprie controllate) a seguito dell’adozione di una nuova valuta e la sua svalutazione competitiva?
Se considerato in maniera isolata, l’effetto di una svalutazione sul flusso di investimenti diretti in Italia potrebbe rivelarsi positivo, agendo tramite i canali dei “salari relativi” e della “ricchezza relativa”. Tuttavia, gli effetti negativi comportati da un’uscita dall’Euro sarebbero molti di più: da una riduzione della crescita esterna, letale per la posizione delle nostre imprese nella global value chain, considerando in particolare che l’effetto negativo si registrerebbe maggiormente sulla produzione manifatturiera, alle conseguenze catastrofiche dell’abbandono del mercato unico per un paese esportatore netto, che peraltro vanificherebbe buona parte dei teorici effetti positivi che sono stati descritti.
Inoltre, molti degli aspetti teoricamente positivi sui flussi di investimenti in entrata sarebbero annullati dalla lunghezza del processo di uscita, ridenominazione e svalutazione, e quindi dall’intervento della condizione parità dei tassi d’interesse. L’Eurozona, dal canto suo, ha in questi anni garantito un effetto positivo sui FDIs, in particolare rispetto ai flussi interni. Se è difficile prevedere cosa succederebbe abbandonandola – conclude Del Prato – è anche vero che si tratterebbe di lasciare un’architettura istituzionale che ha garantito la stabilità necessaria ad un aumento stabile e prolungato dei flussi di investimenti diretti esteri.