Le misure restrittive in Italia sono altrettanto, se non più rigorose di quelle in altri paesi
9 Marzo 2021
Argomenti / Diritto e Regolamentazione , Politiche pubbliche , Teoria e scienze sociali
Giuseppe Portonera
Forlin Fellow
Anche in Italia, la tanto attesa campagna vaccinale per arrestare il contagio da COVID-19 è finalmente partita. Ciononostante, a causa di (più o meno) comprensibili o prevedibili ritardi e difficoltà nella vaccinazione della popolazione, è ancora attuale il dibattito – nella comunità scientifica, nell’agone politico e nell’opinione pubblica – sull’opportunità di prolungare o addirittura rafforzare le misure di contenimento fin qui adottate.
Questo studio raffronta le misure attualmente in vigore in Italia con quelle disposte in altri paesi, europei e non, al fine di valutare se esse si pongano in linea con ciò che il resto del mondo sta, in maggioranza, praticando. Oggetto della comparazione sono Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Israele, Paesi bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti. Dal quadro complessivo emerge che, se si guarda agli Stati che hanno livelli vaccinali comparabili ai nostri (e, cioè, agli Stati membri dell’UE), ci si rende conto del fatto che le misure restrittive attualmente in vigore in Italia sono non solo in linea, ma se del caso anche più rigorose rispetto a quelle altrove vigenti.
Se in momenti di grande difficoltà come questa un criterio per valutare l’adeguatezza delle scelte di policy è quello di confrontarle con quelle adottate, a condizioni analoghe, da altri paesi, l’esito dovrebbe essere quello di una valutazione di sufficienza – in termini di proporzionalità – delle misure di contenimento attualmente in vigore» in Italia. Con un avvertimento finale: «come insegnano i casi di Regno Unito, Israele e Stati Uniti, l’urgenza vera è quella di investire nell’accelerazione della campagna vaccinale, unico vero e definitivo strumento per arrestare la diffusione del contagio.