Forse una controfirma della prescrizione sarà l’esito dello scontro di questi giorni. Essa potrebbe essere la conseguenza dei delicati equilibri in seno alla maggioranza, ma anche e soprattutto ai dubbi degli operatori della giustizia sulla riforma della prescrizione, così forti che il Primo presidente della Corte di Cassazione Giovanni Mammone, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha parlato di una prevedibile crisi del sistema, se la riforma Bonafede entrasse in vigore.
Il peggio è passato? Sarà un bene poterci dimenticare della pessima riforma, della cui intrinseca ingiustizia e incostituzionalità si è detto anche in queste righe, prima che possa essere applicata.
Come non essere preoccupati, però, per un sistema politico che riesce nel giro di pochi mesi a riformare e controriformare le regole penali, quelle che decidono come e perché mettere in galera le persone? Non esiste rimedio all’incertezza del diritto se chi pensa e fa le leggi non dimostra un minimo di rispetto per chi quelle leggi deve rispettare.
Se poi la controriforma, come pare, dovesse essere approvata all’interno di una delle leggi più incomprensibili che periodicamente il Parlamento approva, il cd. milleproroghe, il sistema legislativo si dimostrerà ancora più impenetrabile e indecifrabile.
Quanto al merito, non basta certo che una legge ne archivi un’altra per riparare all’errore commesso. Dipende, naturalmente, da cosa la seconda prevede.
Le proposta che ha ottenuto l’intesa tra PD, M5S e Leu introduce la distinzione tra condannati e assolti in primo grado, applicando solo ai primi il blocco dei termini, e introduce un sistema per riparare all’“ingiusta” sospensione della prescrizione laddove l’imputato, condannato in primo grado, venga poi assolto in secondo.
Le forti perplessità sono due.
In primo luogo, per la distinzione tra condannati e assolti in primo grado. Se è vero che si tratta di due situazioni diverse, è anche vero che, stante la presunzione di non colpevolezza, sembra irragionevole caricare sui condannati in via non definitiva un trattamento così diverso rispetto agli assolti in via non definitiva.
Non a caso, la riforma prevede anche che, nel caso in cui il condannato in primo grado venga poi assolto in secondo, riprenderà retroattivamente a decorrere il termine di prescrizione, tuttavia ormai poco utile se non nei limitati casi di ricorso in Cassazione contro la sentenza di assoluzione.
Ad uno strappo dello Stato di diritto bisogna senz’altro mettere una toppa. Ma bisogna fare di tutto perché la toppa non sia peggio del buco.
11 febbraio 2020
Su questo tema l’Istituto Bruno Leoni ha recentemente pubblicato uno studio, disponibile qui.