L’Italia è un Paese dove non sì fanno riforme? Macché. Ne ha fatte troppe ma non hanno prodotto i risultati sperati dai legislatori. È l’analisi che viene fuori dal libro “Molte riforme per nulla. Una controstoria economica della seconda Repubblica” scritto a quattro mani da Alberto Saravalle, professore di diritto dell’Unione europea all’Università di Padova, e Carlo Stagnaro. direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni.
Il volume è stato presentato ieri al NapHub di viale Gramsci in un eccezionale incontro del ”Sabato delle idee”, il pensatoio napoletano fondato dallo scienziato Marco Salvatore, spostato per l’occasione al lunedì. «C’è un filo rosso che lega le varie riforme fatte, disfatte e mancate nel corso degli anni: è la mancanza di visione della società. Le riforme sono lo strumento attraverso cui un Paese si dà delle regole per perseguire degli obiettivi. La scelta di questi ultimi è la funzione stessa della politica», spiegano i due autori davanti ad una platea di circa cinquanta persone radunate nello splendido salone del NapHub.
Un parterre d’eccezione ha partecipato all’appuntamento, moderato dal direttore de Il Mattino, Francesco de Core. A partire da Antonio Funiciello, capo di Gabinetto dell’ex premier Mario Draghi. Pur avendo lavorato per un governo tecnico, Funiciello dice chiaramente: «L’idea che le riforme arrivano dai tecnici è una sciocchezza. Le Grandi riforme devono farle i politici sulla base di un mandato elettorale». Stuzzicato sulla sua esperienza a Palazzo Chigi, il manager nativo di Piedimonte Matese ha aggiunto: «Sul Coronavirus e sulla guerra in Ucraina non abbiamo fatto compromessi coi partiti, anche quando pezzi di maggioranza avevano idee diverse sui vaccini o su Putin».
Non manca una battuta sul Pnrr: «Se il Sud perdesse questa occasione sarebbe l’intero Paese a rimetterci». Tema, quello del Mezzogiorno, su cui è intervenuto anche Carlo Amenta, commissario della Zes della Sicilia occidentale: «Le imprese cominciano a crederci nelle Zes e al Sud c’è sempre più voglia di fare. Mancano, però, ancora le infrastrutture e le competenze».
Tornando sul tema delle riforme, secondo Serena Sileoni, giurista e professoressa del Suor Orsola Benincasa, la responsabilità delle tante riforme fallimentari sta «nella scarsa forza della polifica. I governi – spiega – dovrebbero avere più coraggio nel metterci la faccia con gli elettori e non produrre, continuamente, contro-riforme rispetto a quelle elaborate dagli esecutivi precedenti».
«Anche in un ateneo è molto complicato fare una riforma. Ma la grande differenza, vale la pena chiarirlo, la fanno le persone e quando si vogliono fare le cose, alla fine in un modo o in un altro si portano a casa», ha detto invece il rettore della Federico II, Matteo Lorito, in apertura dell’evento. Per il rettore del Suor Orsola Benincasa, Lucio D’Alessandro, invece, «le corporazioni del Paese hanno la capacità di bloccare le riforme per la presenza di troppi controinteressi».
da Il Mattino, 15 novembre 2022