A rallentare l’Europa, non è l’eccesso di concorrenza, ma l’iper-regolamentazione
Nelle scorse settimane hanno fatto discutere la pubblicazione del Rapporto Letta sul mercato interno dell’Unione europea e le anticipazioni del Rapporto Draghi sulla competitività. Tra le altre tesi che i due ex premier italiani hanno sostenuto, c’è l’esigenza di ripensare la politica di concorrenza, che sarebbe troppo proiettata sulle dinamiche competitive all’interno del mercato europeo e poco attenta alle questioni internazionali. Uno degli esempi citati a supporto di questa tesi è il mercato delle telecomunicazioni: nella telefonia mobile europea sono attivi almeno 34 gruppi societari, contro appena tre negli Stati Uniti e quattro in Cina. Quindi, il messaggio sembra essere che bisogna sacrificare un po’ di competizione interna, per garantire agli operatori la scala sufficiente a diventare competitivi a livello globale.
Può esserci del vero in questa tesi in generale: del resto, noi stessi abbiamo spesso sottolineato come la competition policy europea sia troppo attenta all’interesse dei concorrenti e troppo poco a quello dei consumatori (per esempio, ne abbiamo discusso qui in relazione al caso Ita Airways). Tuttavia, se c’è un settore nel quale le politiche di liberalizzazione e di concorrenza adottate a livello europeo sono state un successo clamoroso, quello è proprio la telefonia mobile. A parità di performance, i consumatori europei pagano prezzi significativamente più bassi degli americani praticamente per tutte le tipologie di servizio. Oltre tutto, confrontare il numero di operatori in Europa con quelli negli Stati Uniti è discutibile: piaccia o no, i mercati, le regole e le condotte dei consumatori all’interno dell’Ue sono ancora legate ai confini nazionali. Promuovere una ulteriore integrazione potrebbe essere positivo, ma in quel caso l’eventuale consolidamento del settore sarebbe il punto d’arrivo, non certo un punto di partenza o una variabile indipendente. Detto in altri termini, fare la somma degli operatori attivi a livello europeo – senza considerare che non tutti offrono i propri servizi in ciascun paese – e compararli con quelli esistenti negli Usa ha poco senso. Negli Usa ci sono quattro operatori principali; in Italia, per esempio, anche.
Più che interrogarci sul numero degli operatori, dovremmo chiederci se l’esperimento della neutralità della rete – che di fatto impedisce di impegnarsi nello sviluppo delle infrastrutture a chi più ne ha l’interesse, cioè i cosiddetti over the top – abbia prodotto gli esiti desiderati. Molto probabilmente scopriremo che, a rallentare l’Europa, non è l’eccesso di concorrenza, ma l’iper-regolamentazione.