Roma Olimpica e le nozze coi fichi secchi

In occasione dei grandi eventi sportivi, ai fumosi benefici prospettati dai comitati promotori fanno da contraltare sostanziosi e concreti sforamenti di spesa

14 Settembre 2015

IBL

Argomenti / Diritto e Regolamentazione Politiche pubbliche

Per assistere alla storica finale tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci e rappresentare a New York l’orgoglio di una nazione che ha un feroce bisogno di eroi, specie se usa e getta, Matteo Renzi si è dovuto sorbire due voli intercontinentali in poco più di ventiquattr’ore. Nulla d’insormontabile per un giovane baldanzoso come il nostro premier: ma non sarebbe stato più pratico far scontrare una tarantina e una brindisina a Manduria, a Mesagne o a San Vito dei Normanni?

Ed era proprio indispensabile che, per conquistare il suo primo grande giro, Fabio Aru s’inerpicasse fin sui Pirenei, quando l’Italia ha da offrire moltissime scalate di tutto rispetto? Certo, si dirà, è impensabile trapiantare la Vuelta in Sardegna o lo US Open in Puglia; ma gli eventi itineranti oppongono meno resistenza all’importazione. Come per le zucchine, anche nello sport il chilometro zero è più saporito.

Con la lettera indirizzata venerdì scorso al Comitato olimpico internazionale, Roma ha ufficializzato la propria candidatura a ospitare i Giochi del 2024. Dopo l’intoppo del 2012 – quando un sussulto di sobrietà di Mario Monti aveva escluso la capitale dalle pretendenti all’edizione del 2020 – l’Italia torna in corsa, e lo fa con voce pressoché unanime: sole eccezioni il Movimento 5 Stelle, che ha gioco facile nel mettere in guardia contro il pericolo di opacità nella gestione, e la Lega, che contesta la destinazione di fondi dell’erario a una manifestazione prettamente romana – ma che, par di capire, nulla avrebbe da obiettare se la città prescelta fosse Olmo al Brembo.

Se tutto andrà come auspicato dai sostenitori della candidatura, nel 2024 l’inquilino di Palazzo Chigi non dovrà più sobbarcarsi penosi pellegrinaggi sportivi: gli basterà affacciarsi alla finestra del proprio studio per omaggiare gli sforzi di maratoneti e giavellottisti. Matteo Renzi è un uomo ambizioso e a quella scadenza mancano appena un paio di legislature; per beneficiare politicamente dell’operazione, però, occorrerebbe un tempismo impeccabile: regalare al paese I cinque cerchi conviene solo se puoi rivendicarne il successo, lasciando a qualcun altro l’incombenza di pagare il conto.

Se, invece, davvero avesse la ventura di guidare il governo così a lungo, il premier sperimenterebbe probabilmente che, in occasione dei grandi eventi sportivi, ai fumosi benefici prospettati dai comitati promotori fanno da contraltare sostanziosi e concreti sforamenti di spesa, regolarmente scaricati sulle spalle dei contribuenti. Sarà vero, come ha cinguettato Renzi, che “una comunità nazionale vive anche di emozioni e non solo di statistiche”; ma vallo a spiegare ai membri della “comunità nazionale” che le emozioni erano le tue e le statistiche erano le loro.

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