Ronald Coase: un’introduzione


Anche se probabilmente meno noto al grande pubblico rispetto ad altri economisti, Ronald Coase è considerato da molti un gigante del pensiero economico


14 Agosto 2024

LibroAperto

Pierluigi Barrotta

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Carlo Stagnaro: Ronald H. Coase, IBL Libri, pp. 177, € 14,00

Vincitore del premio Nobel per l’economia nel 1991, a lui si devono due concetti che si sono rivelati fondamentali per capire i fenomeni del mercato: i costi di transazione e l’importanza economica dei diritti di proprietà.

Anche se Coase non è stato uno scrittore prolifico, la sua influenza è stata ampia e sarà con ogni probabilità duratura. Coase maturò le sue prime intuizioni andando decisamente controcorrente rispetto al mainstream della teoria economica. Segno questo di un pensiero fresco ed originale.

Gli anni Trenta del secolo scorso sono passati alla storia come gli anni dell’“alta teoria”, in cui si discutevano temi come la possibilità concettuale dell’economia pianificata (tema che nacque già nel decennio precedente, a seguito della rivoluzione bolscevica in Russia), il ciclo economico e la teoria dei prezzi per giungere al dibattito suscitato dalla teoria keynesiana. Per usare una bella immagine che riprendo da Stagnaro, erano anni in cui il mercato era visto attraverso una macchina fotografica che utilizzava il “grande angolare”: tutti i fenomeni venivano ripresi ed esaminati nelle loro reciproche interconnessioni. Una tendenza che si consolidò anche successivamente, sino agli anni Sessanta, con gli sviluppi della teoria dell’equilibrio economico generale operata da Debreu e l’alternativa teorica offerta dalla teoria di Sraffa. Coase, al contrario, usò il microscopio per analizzare fenomeni sino al suo arrivo trascurati.

Il suo primo lavoro pioneristico risale precisamente alla seconda metà degli anni Trenta, in cui si pone una domanda apparentemente assai semplice: perché esistono le imprese? È una domanda che conferma la massima secondo la quale in moltissimi casi le rivoluzioni scientifiche non avvengono grazie alle soluzioni, ma a problemi nuovi sollevati da menti in grado di aprire prospettive originali. Il quesito nasce dal fatto che non ci sono ovvi motivi per i quali ogni agente economico non possa essere un lavoratore autonomo che contratta la produzione e l’uso di beni e servizi. Tuttavia, e ovviamente, non è questo che osserviamo nel mercato, dove sono presenti imprese anche di notevoli dimensioni. Da qui nasce la domanda posta da Coase nell’influente saggio «The Nature of Firm», di solo 19 pagine, pubblicato nella rivista Economica nel 1937. È grazie a questa domanda che appare evidente 1’ importanza del concetto di “costo di transazione”.

Nel mercato, le contrattazioni hanno un costo. Ad esempio, si devono capire le reali caratteristiche di un prodotto, insieme alla sua disponibilità. Oppure, gli stessi contratti, anche i più dettagliati, non mettono al riparo da possibili controversie. Per questo motivo, vi è interesse ad eliminare questi costi grazie alla struttura gerarchica che definisce l’impresa. Il processo di internalizzazione dei processi di produzione risulta in molte circostanze vantaggioso rispetto ai costi richiesti dal doversi orientare nel complesso funzionamento del mercato. Questo processo di internalizzazione presenta tuttavia dei limiti. Anche l’ organizzazione gerarchica presenta infatti dei costi. Cosicché la dimensione delle imprese dipende da un ragionamento “al margine”: l’impresa godrà dei vantaggi dovuti alla crescita delle sue dimensioni sino al punto in cui i costi di un ulteriore aumento non eccedono i costi del mercato. Incidentalmente, come mostra Stagnaro, l’ analisi di Coase avrebbe potuto offrire ulteriori argomenti alla tesi dell’impossibilità di una teoria interamente pianificata. L’utopia leninista potrebbe infatti essere vista come il tentativo di creare un’unica grande impresa (lo Stato) che avrebbe il compito di gestire l’intera economia mediante una struttura amministrativa e gerarchica.

Il secondo grande contributo di Coase risale invece agli anni Sessanta, con un altro fondamentale saggio, «The Problem of Social Cost», il quale diede origine a quello che è stato successivamente definito il “teorema di Coase” e produsse una letteratura che senza esagerazione si può definire sterminata. In una delle sue varie formulazioni, il teorema afferma che se i diritti di proprietà fossero ben definiti (e non vi fossero i già menzionati costi di transazione) allora il mercato raggiungerebbe una efficiente allocazione delle risorse, indipendentemente dalla iniziale allocazione dei diritti di proprietà. L’importanza del “teorema” risiede in un diverso modo di affrontare le esternalità presenti in molti processi economici. Per fare un evidente e molto dibattuto esempio di diseconomia esterna, una fabbrica che inquina non include tra i suoi costi il danno dell’inquinamento, mentre la collettività lo includerebbe sicuramente tra i costi. L’esternalità nasce dal fatto che i diritti di proprietà non sono sempre definiti e nella grandissima maggioranza dei casi non sono definiti in modo perfetto. Se la fabbrica avesse la proprietà dell’aria o l’acqua inquinate allora la fabbrica avrebbe interesse a confrontare il guadagno che ricava dall’inquinamento con il mancato guadagno causato dalla rinuncia a quanto gli abitanti sarebbero disposti a pagare per vivere in un ambiente più salubre. Un uguale ragionamento si applicherebbe al caso in cui siano gli abitanti ad avere i diritti di proprietà dell’aria o dell’acqua. In questa situazione, sarebbero gli abitanti a valutare il costo opportunità della conservazione dell’ambiente causato dalla rinuncia a quanto sarebbe disposta a pagare la fabbrica per avere l’autorizzazione ad inquinare. In entrambi i casi, afferma Coase, si raggiungerebbe una allocazione efficiente delle risorse senza un intervento diretto dello Stato, tramite tassazioni o nazionalizzazioni.

È evidente l’insegnamento filosofico-politico che si deve trarre dall’opera di Coase. Dopo una iniziale infatuazione giovanile, Coase si dimostrò sempre più scettico nei confronti del socialismo e di un diretto intervento dello Stato. Tuttavia, Coase ci ha insegnato anche che il mercato non è un qualcosa di naturale, ma un prodotto dell’uomo che come tale può essere migliorato anche grazie ad una appropriata ingegneria istituzionale. Il compito dello Stato non è quello di interferire nel processo spontaneo del mercato, ma piuttosto è quello di creare il quadro giuridico e istituzionale adeguato al suo funzionamento, laddove appare evidente che lo stesso mercato non è in grado di far sorgere spontaneamente le appropriate norme giuridiche ed istituzionali.

Il libro di Stagnaro è una introduzione veramente eccellente. Ben scritto, il saggio si segnala per la capacità di spiegare in modo semplice e allo stesso tempo rigoroso l’opera di Coase.

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