In Europa servono grandi dimensioni per competere
«Su Unicredit-Bpm il governo non faccia il provinciale. Anche perché l’alternativa potrebbero finire per essere i francesi». Nicola Rossi, economista, ex senatore Pd, consigliere dell’istituto Bruno Leoni, risponde indirettamente al vicepremier Matteo Salvini, che ieri è tornato ad attaccare l’operazione Unicredit-Banco Bpm. Di fronte alla possibilità ventilata dal leader leghista, che l’operazione danneggi gli italiani spedendo all’estero i loro risparmi, Rossi taglia corto: «Il problema non è l’Italia, ma l’Europa. Dove servono grandi dimensioni per competere. La necessità è proprio impedire che i nostri risparmi prendano la strada degli Usa per mancanza di soggetti adeguati in Europa». Soprattutto, però, Rossi, che di Bpm è stato presidente del consiglio di sorveglianza, chiarisce: «Il rischio è che, messa fuori gioco Unicredit, arrivi una banca transalpina».
Domanda. Rossi si scrive banca transalpina si legge Credit Agricole.
Risposta. Lo ripeto: non dico che lo sia, non dico che qualcuno lo pensi, ma l’alternativa paradossale potrebbe essere proprio che una simile operazione sia fatta da parte di un istituto transalpino. Cosa faremmo allora? Fermeremmo anche loro? Per giunta l’operazione potrebbe essere nata, nei tempi, proprio per prevenire un’eventualità di questo tipo.
D II governo invoca il golden power giá su Unicredit.
R. È uno di quei casi in cui questo tipo di norma dovrebbe accuratamente essere messa da parte. Bisognerebbe lasciare che la Bce faccia il lavoro soprattutto proprio in un mercato europeo che deve consolidarsi.
D. Ma la norma è applicabile? Qualcuno pensa che ormai venga usata per dirigere la politica industriale.
R. Sicuramente è una norma varata precipitosamente. Tanto è vero che ora viene utilizzata o, peggio ancora, se e minaccia l’utilizzo, in maniera piuttosto indiscriminata.
D. Peggio minacciarla che applicarla?
R. Sì, perché molte operazioni sono sottoposte al vaglio di questa norma solo perché si immagina. possano essere di interesse nazionale. Da questo punto di vista è evidente il danno che stiamo facendo alla normale operatività del mercato. Sarebbe opportuno limitarne non solo l’utilizzo, ma anche il perimetro.
D. Di Unicredit i detrattori dicono che non è italiana.
R. Penso, francamente, che l’unica cosa che andrebbe tolto dal tavolo della discussione è proprio questo ricorso all’italianità o meno di Unicredit. Lo trovo fuori luogo. È una banca italiana e con sede legale in Italia.
D. E con importanti partecipazioni all’estero. Potrebbe davvero portare i nostri risparmi fuori dall’Italia?
R. Il punto, in questo caso, non è l’Italia, ma l’Europa. È l’Unione che ha bisogno di operatori di mercato del credito di grandi dimensioni, in grado di confrontarsi con i propri simili su alcuni segmenti di mercato. Temiamo che il risparmio italiano vada in Europa e non ci rendiamo conto di quanto già prenda la strada degli Stati Uniti.
D. Si guarda all’interesse nazionale.
R. Si tratta di un’ottica provinciale, che in questo momento è la più dannosa non solo per l’Europa, ma anche per l’Italia. La valutazione di questa operazione spetta alla Bce, sarebbe il caso che la politica restasse attentamente fuori.
D. Alcuni esponenti politici non sembrano intenzionati a seguire il consiglio.
R. Io, invece, direi che da questo punto di vista un certo silenzio dei vertici di governo è confortante, perché è l’unico atteggiamento corretto da tenere in una vicenda come questa.