Leggendo il pregevole libretto di Roberta Adelaide Modugno, Murray N. Rothbard (edito da IBL), val la pena partire dall’ultimo capitolo, quello dedicato alla sua «influenza». «In maniera molto originale è stato capace di unire economia austriaca, un’etica basata sui diritti naturali, la tradizione anarchico-individualista americana e una grande passione per la storia e la storia del pensiero economico, riuscendo a spiegare, attraverso l’eredità e l’elaborazione anti-statalista, come e perché il governo nella realtà opprima e derubi la gran parte della popolazione».
Dal punto di vista tecnico, si legge prima nel libro, l’economista spiega bene come la tassazione e la spesa pubblica (due facce della stessa medaglia) distorcano irrimediabilmente l’economia: «la prima sottrae risorse dal settore privato, che avrebbero potuto essere impiegate in modo fruttuoso. La seconda invece si basa sull’espansione del credito e sull’abbassamento artificiale da parte del governo dei tassi di interesse, con la conseguenza che il risparmio verrà scoraggiato».
Favolosa la dissertazione sui danni prodotti dalle leggi ambientali, all’epoca di Rothbard decisamente meno diffuse e stringenti rispetto a quelle di oggi. Si tratta di interventi che, limitando la produzione, «generano un privilegio monopolistico», che è il nemico da sconfiggere. Rothbard, non bisogna mai dimenticarlo, ha un tratto anarco-individualista, decisamente personale, e non del tutto accolto financo dai suoi compagni di banco liberali. Il suo ragionamento contro le rendite monopoliste, sia pure giustificate dagli incentivi alla ricerca, ad esempio, lo rende allergico alla tutela dei brevetti.
Le influenze di Rothbard, come dicevamo, sono state molteplici: dal punto di vista istituzionale ha contribuito a fondare le maggiori organizzazioni libertarie dagli anni ’40 agli anni ’90. Ha influenzato studiosi le cui opere sono oggi considerate dei classici della letteratura libertaria. Impossibile non ricordare Walter Block con il suo Difendere l’indifendibile, di cui abbiamo parlato in questa rubrica in altra occasione.
Anche se conviene ricordare come Block abbia un po’ rinnegato quella sua opera: «Nella più recente edizione ha aggiunto una postfazione dall’eloquente titolo – “Mea culpa” – nella quale ammette che nel 1976, l’anno della prima edizione, dal testo trapelava un certo atteggiamento simpatetico nei confronti di comportamenti immorali, ma legittimi. Ebbene, egli stesso scrive che all’epoca era anche influenzato da un certo clima libertino degli anni ’70, ma che con la maturità, il matrimonio, la famiglia e la religione, pur non rinnegando affatto l’idea che i vizi non siano crimini, certi comportamenti non trovano certo la sua approvazione».
E come scrive l’autrice, questa è stata un po’ la parabola di tutto il movimento libertario di matrice rothbardiana. Si tratta del cosiddetto paleo-libertarismo che si stacca da qualsiasi possibile sovrapposizione con atteggiamenti libertini. E così sia.
da Il Giornale, 12 marzo 2023