21 Aprile 2015
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Forse i socialisti europei si faranno semplicemente democratici. Si lasceranno alle spalle non solo le infuocate Internazionali degli scontri tra Marx e Bakunin, ma anche i variegati riformismi socialdemocratici e le varie Bad Godesberg del ‘900, approdando a una sinistra deideologizzata.
Questo è quanto Matteo Renzi ha auspicato in occasione del suo incontro con Barack Obama, sostenendo che il Pse (Partito socialista europeo) farebbe bene a modernizzarsi in Pde (Partito democratico europeo) e a mettersi così al passo con i tempi. Sbaglierebbe chi vedesse in tutto ciò una qualche svolta filosofica e a un cambio di paradigma, anche se nel XIX secolo i democratici interpretavano una tradizione ben definita: basti pensare a Giuseppe Mazzini. Né si tratta semplicemente di un qualche adeguamento a schemi d’oltre Atlantico e a prospettive dottrinali (da Emerson a Dewey) alternative rispetto a quelle europee.
Il senso dell’operazione non è però tanto nella sostituzione di alcuni pensatori con altri, ma semmai nello sganciamento da ogni presupposto teorico forte. Il renzismo vuole interpretare una sinistra includente e pragmatica, plasticamente in grado di essere questo e anche quello, a seconda delle opportunità. A ben guardare non c’è molto di nuovo: almeno in Italia. È da tempo che non abbiamo più partiti socialisti o liberali, comunisti e democratico-cristiani.
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