Il sindaco di Milano vuole liberare la città dal fumo entro il 2030. Nelle dichiarazioni di Sala, nell’arco di dieci anni sarà vietato fumare ovunque, nel territorio milanese. Il primo passo, sarà a partire da questa primavera, il divieto di fumo alle fermate di autobus e tram (in metro è già vietato dalla legge).
Secondo quanto si apprende dalle anticipazioni sul nuovo regolamento comunale di Milano, il motivo non è tutelare la libertà altrui di non essere esposto al fumo passivo, ma contribuire ad abbassare i livelli di inquinamento in città, che spesso toccano punte superiori ai limiti di legge.
Non appare del tutto chiaro quale potere e competenza abbia il sindaco in materia, ma, ammesso che con regolamento comunale si possa intervenire in via permanente su ambiente, salute e libertà individuali, resta da capire, in una città come Milano, quale possa essere l’impatto determinante delle sigarette sui livelli di inquinamento.
D’altro canto, è difficile sostenere le ragioni di un divieto generalizzato anche nelle aree più aperte, solo sulla base di un bilanciamento con la libertà degli altri di non essere esposti al fumo passivo, e non sulla base di considerazioni ambientali. Accendere una sigaretta alle stazioni, che sono ambienti semi-aperti, o alle fermate dei mezzi pubblici, dove c’è una concentrazione di persone che non hanno certo l’obbligo di ispirare fumo passivo, non equivale a fumare una sigaretta camminando per strada.
Dal punto di vista delle libertà, vietare completamente il fumo è una misura sproporzionata rispetto a quella di fumare. Se quindi la ragione è fondatamente ambientale, resterebbe la contraddizione per i nostri governanti di vietare il fumo ma guardarsi bene dal vietare la vendita, dal momento che lo Stato ci guadagna ogni anno svariati miliardi di euro, 11 di accise e 3 di IVA.
Per il momento, il divieto graduale alle fermate dei mezzi pubblici sembra confinare la misura nell’obiettivo di bilanciare la libertà di avere un vizio, almeno finché si vuol vivere in un paese libero, con la tutela di un danno diretto agli altri. Se questo è il punto, ricordiamo però che, a fronte della possibilità di escludere i fumatori da un ambiente smoke-free, non esiste una corrispondente possibilità di escludere i non fumatori da un ambiente ad esso dedicato.
Incomprensibilmente, infatti, la legge che, nel 2003, ha vietato il fumo nei luoghi chiusi aperti al pubblico prevede che gli esercizi di ristorazione che vogliano un’area riservata ai fumatori debbano garantire sale con una superficie prevalente per non fumatori.
Un tale vincolo, in un paese in cui, per fortuna, la legge non può imporci come vivere, non ha alcun senso. Se esistono persone che vogliono fumare liberamente, senza con ciò infastidire gli altri, non si vede perché il mercato non possa offrire loro uno spazio dedicato in via esclusiva, al pari di quanto avviene per i non fumatori.
21 gennaio 2020