Loro stessi si definiscono liberali, liberisti, individualisti, libertari: «Quel che importa – dicono all’Istituto Bruno Leoni, guidato da Alberto Mingardi – è che a orientare la nostra azione è la fedeltà a quello che Lord Acton ha definito “il fine politico supremo”: la libertà individuale». Così nel nuovo paper «Quale futuro per la sanità lombarda? Le proposte confuse del Libro bianco», firmato dal ricercatore Silvio Boccalatte, l’Istituto Bruno Leoni interviene per criticare la riforma della sanità allo studio al Pirellone. Nel mirino, i cambiamenti che possono limitare il margine di manovra della sanità privata: «Le nuove Aziende integrate per la salute (Ais) dovrebbero fornire le prestazioni non più e non tanto in concorrenza, quanto in una forma di “concorrenza e/o collaborazione (coopetition) con gli erogatori privati accreditati” si legge nel loro rapporto -. E una formula ambigua, che potrebbe essere solo un flatus vocis, ma che, al contrario, potrebbe anche significare una grave inversione di tendenza rispetto al modello sanitario che è stato pazientemente costruito in Lombardia negli ultimi vent’anni, prevedendo una maggiore discrezionalità amministrativa nel rilasciare gli accreditamenti e nello stipulare le convenzioni, in un quadro di restaurata subordinazione del privato alle scelte pianificatorie pubbliche». I punti cardine della riforma della sanità criticati sono praticamente gli stessi contro i quali già si sono espressi i big della sanità privata: il pagamento a prestazione, che prevede una tariffa uguale per tutti gli erogatori pubblici e privati, e la nascita delle Ais.
«Quando il Libro bianco affronta il sistema di remunerazione delle prestazioni esordisce con un concetto che proprio non si comprende: “L’organizzazione del prendersi cura del paziente male si concilia con quella del finanziamento delle singole prestazioni che porta concorrenza più che integrazione” rimarca l’Istituto Bruno Leoni -. Desta qualche dubbio che, senza un apparente scopo e solo come premessa alla programmazione di un nuovo sistema di remunerazione, si aggredisca la “concorrenza”, etichettata come inadeguata allo sviluppo del sistema sanitario lombardo in relazione con la sfida dell’invecchiamento della popolazione e del corrispondente aumento dell’incidenza delle patologie croniche. Perché la “concorrenza” sia un problema non è dato sapere; perché ‘Integrazione” sia qualcosa da preferire non è dato sapere». In sintesi, per l’istituto diretto da Mingardi, per un buon uso delle risorse il ruolo della Regione dovrebbe essere quello di garantire le cure e la loro qualità, «disinteressandosi della natura giuridica degli operatori e lasciando al quasi-mercato la spontanea ricerca dell’assetto migliore». Una visione, per l’appunto, liberista.
Dal Corriere della sera, 23 settembre 2014