Antonin Scalia, giudice supremo statunitense di origine siciliana, morì nel 2016, in piena campagna elettorale. La sua successione fu oggetto di una dura battaglia in Senato, con il presidente uscente Barack Obama che voleva nominare un liberal, Merrick Garland e il Senato, allora a maggioranza repubblicana, che vi si opponeva. Dopo quasi un anno di dibattito, Obama ne uscì sconfitto. Il successore, Donald Trump, ha ripristinato e allargato ulteriormente la maggioranza conservatrice della Corte Suprema. Il vuoto lasciato da Scalia fu dunque preludio di una rivoluzione conservatrice nel massimo organo del potere giudiziario statunitense e la premessa delle sentenze (come quella sull’aborto) che oggi stanno cambiando il volto dell’America. Ora un libro, del giovane ricercatore di diritto civile Giuseppe Portonera (edito dall’Istituto Bruno Leoni) colma un vuoto nella conoscenza italiana degli Stati Uniti, prima biografia (nella nostra lingua) di Scalia e primo studio divulgativo della sua filosofia giuridica.
Antonin Scalia, nato nel 1936 a Trenton, nel New Jersey, figlio di un immigrato siciliano (Salvatore Eugene Scalia, docente di letteratura e traduttore) fu prima di tutto un giurista che ripristinò l’originalismo come metodo principale di interpretazione della legge, dopo decenni di progressismo. Nominato giudice supremo da Ronald Reagan nel 1986, dopo una brillante carriera accademica, inizialmente Scalia era solo contro tutti. Proprio ispirato dall’opera del padre, che si sforzava di rimanere fedele allo spirito del testo originale da tradurre, Scalia vedeva la legge come un testo da rispettare così come era stato concepito, non da interpretare con mente moderna. Come l’autore spiega alla Nuova Bussola Quotidiana, quello di Scalia «È un metodo giuridico che, a seconda del tipo di fonte (se è la Costituzione o una legge ordinaria) prende il nome di originalismo o testualismo, ma che per Scalia erano sinonimi: interpretare le leggi, inclusa la Costituzione, secondo il significato originario delle parole, dunque come l’avrebbe intesa il cittadino medio che viveva nell’epoca della sua promulgazione».
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