Schiaffo ai sindacati e attacco a grillo, ma ora servono i fatti

Renzi ha tracciato il perimetro del suo successo o fallimento: ha appiccicato delle date ai suoi obiettivi

10 Marzo 2014

Il Secolo XIX

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Matteo Renzi sta tutto in una frase di Walt Disney, già usata nel discorso della fiducia e ribadita ieri a “Che tempo che fa”: “la differenza tra un sogno e un progetto è la data”. A seconda dei risultati che il premier porterà a casa, apparirà come il bollino blu del successo oppure una sentenza di condanna.

Nel colloquio con Fabio Fazio, ha fornito almeno tre informazioni precise, che peraltro contengono una parziale correzione di rotta rispetto a dichiarazioni precedenti. Primo: mercoledì l’Italia inizierà, per la prima volta, a tagliare le tasse (in particolare su lavoro e impresa). Le espressioni impiegate sono inequivoche: non si parla di alzare un’imposta per abbassarne un’altra, ma proprio di far calare la pressione fiscale.
Anche il passaggio dagli attuali ammortizzatori sociali (inclusa la cassa integrazione) verso un sistema di sussidi universali vedrà la luce durante il prossimo consiglio dei ministri. Secondo: l’Italia non intende sforare il tetto del 3% tra deficit e Pil (fatto), pur impegnandosi a mettere in discussione questa regola in Europa (retorica). Terzo: prima dell’avvio del semestre verranno cantierate una serie di riforme per rendere più efficienti i servizi pubblici.

Tra queste, legge elettorale e abolizione del Senato, revisione del Titolo V della Costituzione, giustizia civile, pubblica amministrazione, eccetera. Per stare alla battuta disneyana, dunque, Renzi ha tracciato il perimetro del suo successo o fallimento: ha appiccicato delle date ai suoi obiettivi. Solo rispettando la tabella di marcia potrà conservare la sua popolarità e, contemporaneamente, conquistare sul campo il rispetto di partner europei oltremodo scettici (et pour cause) verso il nostro Paese. Calcando la mano sull’abolizione di Senato e province, ha poi confermato che il bottino politico a cui punta sono i voti grillini. Ha infatti caratterizzato il M55 come una forza che, contro le apparenze, con la sua opposizione si pone di fatto a difesa proprio di questi enti. Renzi chiaramente è uno che gioca in attacco.

Infine, ha enfatizzato il decisionismo come metodo di governo. Non solo l’annuncio in diretta tv del presidente della costituenda autorità anti-corruzione (il magistrato Raffaele Cantone) appare come un messaggio cifrato in vista della prossima infornata di nomine. Renzi ha ancora una volta polemizzato in modo aperto con la Cgil e Susanna Camusso, prevenendo le critiche al Jobs Act e al ridisegno degli ammortizzatori (non senza sollecitare trasparenza sui bilanci). Se si aggiungono le frecciate a Confindustria, la concertazione può dirsi rottamata. Più esplosivo di tutti (per le implicazioni, più che per la cosa in sé), l’accenno a Pompei: “perché avere paura dei finanziamenti privati”. In tal modo Renzi ha sottolineato che la natura pubblica di un servizio non implica che esso sia gestito esclusivamente da strutture pubbliche con soldi solo pubblici (vedere alla voce: trasporto pubblico).
Per il premier, insomma, non importa il colore del gatto. Se sarà capace di prendere i topi, cominceremo a capirlo mercoledì.

Da Il Secolo XIX, 10 marzo 2014
Twitter: @CarloStagnaro

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