17 Agosto 2022
Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Diritto e Regolamentazione
L’aggettivo «irregolare» calzava a pennello ad Antonio Pilati, nato nel 1947 e scomparso ieri dopo una lunga malattia. Pilati era stato vicino a «il Manifesto» e su quelle pagine aveva cominciato a occuparsi di mezzi di comunicazione, quando la televisione commerciale aveva sconvolto il mercato e la società italiana. Molti della sua generazione ne trassero una diffidenza istintiva per Silvio Berlusconi e tutto ciò che rappresentava.
Pilati invece fu affascinato da un fenomeno che liberava il gusto del pubblico da ogni dirigismo pedagogico. Per questo si inventò l’Istituto di economia dei Media della Fondazione Rosselli e divenne commissario della neonata Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Lì, e dopo all’Antitrust, con piglio non accademico cercò di affermare una prospettiva che non perdesse di vista la realtà della concorrenza, al di là di modelli teorici. Sulle conseguenze politiche della televisione commerciale scrisse con Franco Debenedetti «La guerra dei trent’anni. Politica e televisione in Italia» (Einaudi). Stava per pubblicare un libro sull’evoluzione di tecnologie e dinamiche sociali (per Le Due Rose Editore). I suoi amici rimpiangono un uomo buono e un ragionatore formidabile.
dal Corriere della Sera, 17 agosto 2022