17 Febbraio 2017
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Fu Voltaire a insinuare il dubbio che «il caso non esiste». Ed è difficile non ricordarsi di questa espressione dinanzi a quanto sta succedendo in Grecia: distrutta da assurdi commissariamenti esterni (a partire dall’Unione europea), ma soprattutto da vizi atavici e dall’incapacità a stare al passo con i tempi, assumendosi le proprie responsabilità. Ne offre la prova il rifiuto, formulato dalle autorità di quel Paese, di accettare un finanziamento di Gucci si parla, nell’insieme, di oltre 50 milioni di euro per sfruttare l’immagine del Partenone in una sfilata di moda della durata di 15 minuti.
Ma se la capitale ellenica, nonostante il dissesto economico, ha rigettato questa proposta, è positivo rilevare come il sindaco di Agrigento (Lillo Firetto) abbia colto la palla al balzo, candidando la Valle dei Templi quale più che valida alternativa: perché se la Grecia non sembra imparare le lezioni della storia, ben più fedele al proprio migliore passato sembra questa Sicilia che, nonostante i troppi problemi, cerca di valorizzare le sue bellezze e farle conoscere a ogni latitudine.
L’argomento usato da Atene contro l’offerta di Gucci è il solito: non è possibile «svendere» la propria storia a fini commerciali. E in questa avversione ai privati, e al positivo rapporto tra affari e cultura, emerge una grave incomprensione di ciò che la città greca è stata, in primo luogo, e della stessa civiltà, in secondo luogo.
Nei suoi momenti migliori, Atene ha dato al mondo la filosofia perché fu dinamica, commerciale, aperta al mondo, orientata agli scambi. Lo specifico di questa città, che traspare anche nel celebre discorso di Pericle, risiede esattamente in tale valorizzazione del rapporto tra libertà e responsabilità. La Grecia contemporanea che ha falsificato i conti e ora pretende aiuti senza fare alcun sacrificio, rifiutandosi perfino di valorizzare appieno quanto ha, mostra allora ben pochi legami con il suo passato più nobile. Mentre l’«altra Grecia» (la Magna Grecia del nostro martoriato Mezzogiorno) almeno in questa occasione si è dimostrata ben più saggia e lungimirante.
Per giunta, è una visione davvero miope della cultura quella di chi adotta lo spirito di un antiquario: interessato solo a conservare. Le società vitali sono fatte di un’altra pasta ed è significativo che le chiese romaniche spesso siano state costruite utilizzando pietre di templi romani. Una comunità che ha voglia di fare e progredire non si fa imprigionare dai secoli passati e guarda oltre.
Un altro argomento utilizzato dai greci per negare a Gucci il Partenone, per giunta, fa poi davvero sorridere: «Non abbiamo bisogno di pubblicità». Semplicemente, questo non è vero. Molti giovani di oggi, e non solo in India o in Cina, non sanno cosa è stata Atene e se un marchio di prestigio vuole accostare il suo nome a quello dell’Acropoli, c’è solo da essere contenti. E così, grazie al rifiuto degli ateniesi, forse molti giovani avranno l’opportunità di vedere il Tempio dei Dioscuri o quello della Concordia, ad Agrigento, e magari avranno voglia di visitarli.
D’altra parte, mezzo secolo fa tanti hanno conosciuto le melodie di Grieg o Mozart grazie a spot pubblicitari trasmessi alla televisione. Non fu una profanazione, ma un modo indiretto (e non intenzionale) di educare il gusto della gente, invitando l’ascoltatore a conoscere e ad apprezzare meglio la storia della musica.
Gucci lontano da Atene, insomma, rischia di essere un’occasione mancata per la Grecia, ma potrebbe essere una buona opportunità per quella parte del Mezzogiorno che ancora crede e a ragione di avere un futuro.
Da Il Giornale, 17 febbraio 2017