3 Dicembre 2018
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
E’ passato ormai più di un anno da quando l’elettorato del Veneto si è recato in massa alle urne per chiedere l’avvio di un processo riformatore volto a garantire una maggiore autonomia. Purtroppo, però, in questi mesi non è successo nulla e, quel che è peggio, le notizie che circolano promettono ben poco di buono.
Nonostante le assicurazioni del vicepremier Luigi Di Maio, è probabile che non vi siano risultati all’orizzonte. Forse l’autonomia veneta arriverà in Consiglio dei ministri entro Natale, ma ciò non dà garanzie sull’esito. Tra i Cinquestelle c’è una fronda consistente schierata a difesa dello status quo e questo mette in difficoltà Matteo Salvini, che nel suo progetto politico nazionale sa di avere bisogno dei voti del Mezzogiorno e non vuole inimicarsi quell’ elettorato.
In tale quadro nessuno si sorprenderà se bisognerà aspettare altro tempo prima di arrivare a una soluzione. Per giunta, in Veneto c’è molta perplessità sul fatto che il tema del residuo fiscale ossia, la penalizzazione subita da Veneto, Lombardia ed Emilia non sia nemmeno preso in considerazione. L’autonomia di cui parla il ministro Erika Stefani, infatti, è un’autonomia «a costi standard».
Perfino nella migliore delle ipotesi si congelerà il presente, dando alle regioni del Nord qualche competenza, senza però mettere in discussione la sottrazione di risorse che esse subiscono. Se Veneto, Lombardia ed Emilia sono state penalizzate finora, lo saranno anche dopo. È allora normale che l’insofferenza dell’elettorato veneto cresca giorno dopo giorno e che vi sia anche chi si appresta a riprendere in mano quel progetto indipendentista che la Lega ha abbandonato. E così due giorni fa a Limena, vicino a Padova, si è costituita un’Assemblea Veneta pensata e strutturata sul modello dell’Assemblea Nazionale Catalana: con l’idea di avviare un’azione politica, anche se non partitica, volta a sensibilizzare la cittadinanza sul diritto a conquistare un pieno autogoverno. In sostanza, se l’autonomia sarà così poca cosa, il Veneto si appresta a ricercare altre strade. Nel marzo scorso la società veneta ha dato fiducia alla Lega, nella speranza che la ricchezza prodotta sul territorio potesse restare lì e pensando che con la flat tax fosse pure possibile ridurre la tassazione. Il governo gialloverde ha deluso molti e oggi cresce la sensazione che Salvini, i cui progetti egemonici sull’Italia intera sono evidenti, sia tutt’altro che disposto a schierarsi dalla parte dei ceti produttivi e del diritto dei veneti a governarsi da sé.
Da più parti ci si chiede allora cosa farà Luca Zaia, che finora è parso appiattito sulle posizioni del governo, ma in tal modo rischia di dilapidare il proprio credito presso l’elettorato.
Una Lega che a Venezia si smarcasse da Salvini potrebbe meglio sintonizzarsi con le piccole e medie imprese e con quell’ elettorato che vuole che il Veneto sia restituito ai veneti. Sempre, però, che per un’operazione simile non sia ormai troppo tardi.
Da Il Giornale, 3 dicembre 2018