La Francia dopo dieci anni dall’entrata in vigore della legge n° 2002-5 del 4 gennaio 2002 relativa ai musei di Francia ripensa la gestione di questi enti pubblici: sono 1.220 i “Musei di Francia”, 83% gestiti da autorità locali e 5% dallo Stato. Negli ultimi anni 128 sono stati chiusi, nel 2015 lo Stato ha assegnato 8.350.000 € per le acquisizioni di opere, mentre 340 milioni di euro sono stati stanziati per la conservazione e il restauro dei musei. Questi i numeri che emergono dal rapporto parlamentare, firmato da Isabelle Attard, Michel Herbillon, Michel Piron e Marcel Rogemont, presentato all’Assemblea nazionale prima di Natale.
La ricerca è stata commissionata dalla Commission des affaires culturelles et de l’éducation per conoscere meglio la funzione del patrimonio artistico statale in particolare la gestione, le provenienze, la movimentazione (esposizioni e prestiti), la conservazione, l’archiviazione o lo stoccaggio.
La commissione ha proposto nelle conclusioni che ogni ente, al fine di rientrare nella rete “Museo di Francia” debba presentare un progetto scientifico e culturale nel quale utilizzare anche il patrimonio non esposto del museo, che deve essere coerente con le politiche del museo.
Fondamentale l’attenzione alle opere di provenienza dubbia entrate in collezione tra il 1933 e il 1945, gli anni della guerra e del saccheggio nazista, e al fine di presentare al mondo collezioni ineccepibili. L’indagine che intende mettere un po’ ordine nel patrimonio “invisibile” presente nei musei francesi ha dato la stura a una serie di ipotesi di alienazione del patrimonio.
Il dibattito in Francia si è acceso sulla domanda forte: questa ricollocazione delle opere apre la porta a una possibile alienazione delle opere non coerenti con le politiche del museo?
Vendere parte delle opere è sacrilegio o scelta strategica? Difficile dare una risposta e la questione è stata analizzata sotto diversi aspetti. In primis va segnalato lo scopo della vendita: ovvero lo Stato o gli enti locali venderebbero queste opere d’arte “nascoste” per comprare altre opere per rinnovare e arricchire le loro collezioni o più semplicemente libererebbero risorse da indirizzare agli investimenti diretti ai musei o, al limite, per rimborsare i debiti dello Stato o degli enti locali cui fanno riferimento i musei?
In America il caso del default della città di Detroit e della ventilata ipotesi di cessione di alcune opere del Detroit Institute of Art ha creato una forte opposizione interna alla città e tra gli appassionati di arte.
Il dibattito in Francia ora è aperto, in Italia si aprì e chiuse un paio di anni fa sulla ricognizione dell’Istituto Bruno Leoni sul “tesoro nascosto” nei magazzini dei nostri musei . Il Ministero della Cultura francese sta infatti preparando per la primavera un’importante legge dedicata al “patrimonio”. E, naturalmente, c’è chi ha tutto l’interesse a che dai forzieri dei musei pubblici vengano dispersi i capolavori, visto che la via obbligata è sempre l’asta pubblica. Nella recente relazione della commissione per gli affari culturali dell’Assemblea nazionale dedicata ai musei francesi, Guillaume Cerutti, responsabile di Sotheby’s in Francia, non ha esitato a evocare quest’ipotesi ricordando che nel 2002 il principio di inalienabilità delle opere di collezioni pubbliche sancito dal diritto “museo” poteva essere flessibile al fine di gestire in modo più dinamico le collezioni museali.
Leggi il resto su Arteconomy24.ilsole24ore.com, 10 gennaio 2015