Si può morire di aiuti? La domanda è legittima di fronte ai dati sulle Madonie. Considerato in genere avamposto di quello che si ritiene un modello ben riuscito si scopre che negli anni questo rilevante pezzo di Sicilia ha perso le energie migliori. Così viene in mente il libro “Morire di aiuti” edito dall’Istituto Bruno Leoni e scritto da Antonio Accetturo e Guido de Blasio, ambedue economisti della Banca d’Italia. E vengono in mente le loro analisi che tornano utili qui come suggerimenti per cercare di invertire il trend e curare il malato prima che muoia. Badate bene: non è una ricetta ma un’analisi che serve a individuare il problema. E ad affrontarlo.
Vale probabilmente per le Madonie quello che i due economisti ipotizzano per altre aree del Mezzogiorno o più in generale per altre aree del paese: «Un territorio sussidiato – sostengono – potrebbe assuefarsi all’aiuto pubblico e perdere di conseguenza ogni ulteriore stimolo alla crescita; gli imprenditori locali potrebbero scegliere di vivere di contributi pubblici senza doversi ingegnare e innovare per sopravvivere alle pressioni concorrenziali».
Il punto, oggi, è cosa fare in futuro. Per i due economisti «le politiche per lo sviluppo locale non sono state efficaci e probabilmente hanno aggravato una situazione già deteriorata. In alcuni casi la colpa è stata delle politiche stesse (sbagliate), in altri il contesto esterno ha contribuito al fallimento di politiche in teoria corrette. Un elemento che però ha contraddistinto molte delle politiche economiche per lo sviluppo locale è il loro distacco da quella che può definirsi un’analisi economica preliminare robusta».
Si tratta, ovviamente di suggerimenti: non è detto, infatti, che l’assunto generale sul Mezzogiorno sia calzante al millimetro con quanto è accaduto sulle Madonie. Ma in linea generale possiamo certamente dire che il ragionamento di Accetturo e di Blasio può tornare utile: «In più di un’occasione l’obiettivo della politica è stato la cura del sintomo e non del male – sostengono i due economisti –. Capire quali sono le relazioni di causalità all’interno di un sistema economico e agire sui mali e non sui sintomi sono condizioni necessarie per un disegno efficace delle politiche. Purtroppo il disegno delle politiche pubbliche in Italia è stato sempre dominato dagli aspetti di tipo legale o amministrativo. Scarsissima è stata la cultura dell’analisi costi-benefici e, in alcuni casi, addirittura del mero monitoraggio». Ecco davvero il punto di tutta la questione: l’analisi costi-benefici.
E poi c’è un’altra questione: quella che riguarda il cosiddetto capitale umano. «Vi è un’amplissima evidenza empirica sul fatto che esso sia uno dei principali fattori di crescita di un territorio – scrivono Accetturo e di Blasio –. Un incremento delle dotazioni di capitale umano ha effetti positivi sui salari e sulla produttività di tutti i lavoratori dell’area (anche quelli meno istruiti); una maggiore scolarizzazione ha un impatto positivo non solo sull’economia locale ma anche su fattori rilevanti per il benessere dei cittadini quale il tasso di criminalità o la governance di un territorio. Come mostrato in numerosi studi, l’elevato livello di istruzione della forza-lavoro si accompagna a una migliore capacità di utilizzo dei sussidi e, in generale, a una maggiore resilienza di fronte a shock economici avversi».
dal Sole 24 Ore-Sud, 4 marzo 2022