Con uno scatto finale a sorpresa rispetto a quel che trapelava nei giorni precedenti, il governo ha approvato il decreto legislativo sui Servizi pubblici locali (Spl). Il decreto doveva essere adottato entro il 31 dicembre come adempimento del Pnrr nell’ambito dei provvedimenti attuativi della legge sulla concorrenza 2021, ma negli ultimi giorni le dichiarazioni del governo e degli esponenti maggioranza circa il presunto ritardo per le scadenze di fine anno nonché l’ipotesi di stralcio integrale della riforma sui Spl e riscrittura nel “decretone Pnrr”, lasciavano intendere una difficoltà di Palazzo Chigi nel far digerire la riforma alla coalizione.
La riforma era stata predisposta dal governo guidato da Mario Draghi con l’aiuto di una Commissione di studio coordinata dal professor Giuseppe Caia. Al cambio di governo, il nuovo esecutivo ha quindi trovato sul tavolo un testo già adottato in via preliminare dal predecessore. La riforma adegua alle regole concorrenziali europee il sistema di affidamento dei servizi pubblici locali, la cui garanzia di erogazione rappresenta uno dei principali compiti comunali, dai trasporti pubblici agli scuolabus, dai servizi cimiteriali ai rifiuti.
Diversamente da quello che spesso si pensa, i principi europei non impongono di affidare tali servizi al mercato, quanto piuttosto di affidarli con criteri di trasparenza e apertura alla concorrenza. Per questo, il decreto mira a rafforzare l’obbligo di una motivazione qualificata che spieghi perché l’autoproduzione risponde a una migliore efficienza e economicità del servizio o perché sia necessaria non essendovi adeguati operatori sul mercato che vogliano effettuare il servizio. Sembra una banalità ma non lo è, se è vero che le gare con impresa terza, secondo i più aggiornati dati della Corte dei conti, sono solo 878 su un totale di 14.626 affidamenti.
La riforma codifica dunque principi europei già assimilati dalla giurisprudenza italiana, predispone una serie di obblighi motivazionali che facciano emergere sia la necessità di individuazione di nuovi servizi pubblici locali, oltre a quelli definiti dalla legge, sia il ricorso all’in house anziché al mercato. Infine – non per importanza – sottolinea il valore di un principio presente nella nostra Costituzione ma troppo spesso dimenticato nella pratica dei rapporti tra gli enti pubblici e i privati: quello della sussidiarietà orizzontale, secondo cui anche nella istituzione e gestione del servizio pubblico gli enti locali devono favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, e delle imprese, anche con apposite agevolazioni esemplificazioni.
Cosa vuol dire dal punto di vista politico l’approvazione del decreto così come sostanzialmente ricevuto dal precedente governo? Di certo, vuol dire che Palazzo Chigi intende per il momento rispondere (e corrispondere) alle richieste dell’Unione europea e agli adempimenti del Pnrr. Quello che a mio giudizio ancora non è chiaro è con chi e con quale spirito condivida questa intenzione.
Sul chi, occorre segnalare che le riforme per la concorrenza del Pnrr sono state direttamente imputate, di fatto, alla Presidenza del Consiglio fin dal precedente governo. Non è quindi chiaro ancora se l’approvazione sia stata decisa più per scelta istituzionale (quindi da Meloni e Fitto in quanto Presidenza del Consiglio) o politica (quindi da Meloni e Fitto in quanto esponenti di FdI, rispetto alle resistenze dell’alleanza di governo, in particolare di quelle della Lega).
Quanto allo spirito, l’attuazione di questo decreto e degli altri collegati alla legge sulla concorrenza, nonché la predisposizione della nuova legge per il 2022 e lo scioglimento del nodo dei balneari, chiariranno se la riforma sui servizi pubblici locali risponde a una apertura alla promozione della concorrenza che è forzata dagli accordi europei o se risponde a una scelta della destra di governo di cambiare priorità. Più in generale, gli attuali partiti di maggioranza si sono allineati da anni a difesa degli “incumbent” nei vari settori di mercato. Basti pensare alle più recenti uscite del ministro al Turismo Daniela Santanchè (FdI) in materia di balneari, ai dubbi sollevati dalla Lega in commissione trasporti proprio sulla riforma dei servizi pubblici locali, al tentativo guidato da Licia Ronzulli (Fi) di revocare la parziale liberalizzazione del trasporto passeggeri su gomma a lunga percorrenza.
L’approvazione dei due decreti (Spl e appalti) potrebbe quindi essere il segnale di una prova di forza di Giorgia Meloni nell’indirizzare la politica concorrenziale lungo binari nuovi rispetto a quelli percorsi dalla sua coalizione. O, più modestamente, del fatto che gli obiettivi del Pnrr riescono ad essere meglio garantiti dalla Presidenza solo in quanto impegni-contrattuali con l’Ue che essa stessa gestisce in via diretta.
da Il Mattino, 19 dicembre 2022