Sorvegliati totali da Orwell alla realtà

In "1984" lo scrittore ha immaginato un mondo con telecamere che osservano tutti di continuo. Ora siamo andati oltre

25 Aprile 2022

La Provincia

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Uno dei tratti caratteristici della società contemporanea è il moltiplicarsi di meccanismi volti al monitoraggio dei comportamenti. Da mattina a sera, tutta la nostra giornata è ormai sottoposta al (possibile) vaglio di soggetti chiamati a esaminare i nostri atti e, se necessario, a prendere le opportune contromisure.

Due secoli fa Jeremy Bentham aveva progettato istituti carcerari con al centro una torretta, da cui fosse possibile vedere entro ogni cella: controllando i prigionieri senza essere visti da loro. Successivamente George Orwell ha descritto un mondo segnato da telecamere che osservano chiunque di continuo, e qualcosa di simile avviene in effetti nelle nostre città. Oltre a ciò dobbiamo superare il vaglio di scanner quando entriamo in un aeroporto, mentre siamo costretti a esibire un documento sul nostro stato sanitario ogni volta che prendiamo un treno oppure andiamo al ristorante. Su cosa si basa tale sistema di sorveglianza che, nei fatti, dissolve ogni riservatezza?

Essenzialmente, se siamo costantemente osservati è “per il nostro bene”. Le telecamere, ad esempio, sono state introdotte per fronteggiare la criminalità, dato che filmare qualsiasi cosa avvenga in strada rende più difficili le attività delinquenziali. La stessa cosa si può dire per ogni altro occhiuto controllo di quanto facciamo: si tratti di chi guarda nei conti correnti oppure di chi pretende continuamente di avere informazioni sulle nostre scelte sanitarie. 

Tutto avviene quindi per aiutarci e proteggerci, e per giunta è quasi inavvertito dai più. D’altra parte, come ha acutamente sottolineato uno dei massimi studiosi del tema, il sociologo britannico David Lyon, «più il regime panottico è severo e rigoroso, più genera una resistenza attiva, mentre più le strategie panottiche sono morbide e sottili, più producono i corpi docili desiderati». Già dopo l’attentato delle Torri Gemelle si è assistito al moltiplicarsi di misure liberticide (si pensi, negli Usa, al “Patriot Act”) e pochi hanno protestato. Intrusioni un tempo considerate inaccettabili sono apparse normali, se finalizzate a contrastare l’islamismo radicale. D’altra parte c’è forse qualcuno pronto a sottostimare il pericolo di quanti intendono far esplodere aeroplani? No di certo.

Il progressivo restringersi delle libertà è stato presentato come un prezzo necessario da pagare per vincere questa sfida. Per giunta tali misure si sono aggiunte ad altre ben più antiche. In Italia, e fin da1 1931, è obbligatorio per gli hotel richiedere il documento d’identità dei clienti, così da comunicare i dati alle questure. Benito Mussolini voleva rendere difficile la vita agli antifascisti, ma anche dopo la fine della dittatura la norma è rimasta in vita. A questo punto è doveroso chiedersi se gli uomini di potere hanno compiuto tali scelte in mancanza di meglio, oppure se tale progressiva dissoluzione della privacy non sia parte di un disegno preciso.

Come già s’è detto, una delle aree in cui maggiormente s’è assistito al disfacimento della riservatezza riguarda non a caso il controllo delle risorse finanziarie. Da dove viene la lotta al contante? Per quale motivo c’è chi ha voluto che dal primo gennaio 2023 sia illegittima ogni transazione che utilizzi più di mille euro?

Tutto questo trae origine dalla volontà di rendere “tracciabile” ogni scelta economica. Grazie al sistema detto “Serpico” (acronimo di “Servizi per i contribuenti”), l’Agenzia delle Entrate può leggere ogni conto e può sapere chi siamo, cosa facciamo, quali sono i nostri valori. Questo venir meno di ogni segreto bancario è giustificato, ovviamente, dalla lotta all’evasione e quindi dall’idea che la libertà dei singoli va sacrificata sull’altare dello Stato sociale. La sensazione è che, nonostante tanto parlare di privacy, gli uomini dell’apparato politico-burocratico possano entrare nella nostra vita come e quando vogliono.

In fondo, la tesi già formulata da Joseph Goebbels («chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere») è ormai largamente accettata dalle classi dirigenti dell’intero Occidente. Sotto taluni aspetti, qualche differenza tra le due sponde dell’Atlantico ancora permane. Non è un caso che negli Usa si siano avuti episodi di contrarietà a questo regime politico “panottico”, che si accompagna spesso con la più grave opacità del potere. La distanza tra Europa e Usa traspare anche da piccole cose.

Ad esempio, in Europa una direttiva impone che i sacchetti della spazzatura siano trasparenti (così che sia possibile verificare il rispetto delle regole della raccolta differenziata), mentre negli Usa nemmeno un inquirente può guardare nell’immondizia di un privato senza una precisa autorizzazione del tribunale. È sempre più chiaro, comunque, che è la logica per così dire “europea” a imporsi su quello che un tempo era il rispetto della privacy.

Lo scenario a venire, è impossibile negarlo, appare inquietante. Vi sono progetti che già immaginano che ognuno di noi debba avere un micro-chip sottocutaneo, capace di monitorarne la salute. Per ora si tratta della scelta volontaria di una piccolissima minoranza (in Svezia, comunque, sono già in 3.500 ad aver fatto tale scelta), ma è facile prevedere che presto si proporranno norme per imporlo a tutti. Non è escluso che serva alla nostra salute, ma che ne sarà della libertà individuale? Non sarà facile evitare tale deriva. Tutto dipende dalla consapevolezza da parte dei cittadini della posta in gioco, ma oggi è difficile essere ottimisti.

da La Provincia, 24 aprile 2022

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