Se lo Stato imparasse a lasciare più spazio alla società civile

Recensione del libro di Alberto Mingardi e Maurizio Sacconi, "Stato essenziale, società vitale"

14 Marzo 2023

Il Mattino

Serena Sileoni

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Che siano democrazie liberali o illiberali, gli Stati contemporanei hanno una cosa in comune: barattano tutti, con metodi più o meno persuasivi o coercitivi, una promessa sempre più grande di protezione in cambio di libertà. Eppure, la società civile, la comunità di persone che la animano sarebbero capaci di esprimere una vitalità che forse pensano di non avere più. Ed è per ricordare – ai cittadini prima che al governo – questa vitalità che Alberto Mingardi e Maurizio Sacconi hanno scritto un bel libro da poco pubblicato per le edizioni Studium: Stato essenziale società vitale

La chiave di lettura del libro sembra però essere, più che nel titolo, nel sottotitolo: Appunti sussidiari per l’Italia che verrà. Sussidiario evoca due significati, entrambi utili a capire il senso di questo libro. In primo luogo, vuol dire “che è di aiuto”. Un tempo (ora non più ma questa è un’altra storia) si andava a scuola col sussidiario: era il primo testo di studio, quello dove si trovavano i rudimenti delle materie che si sarebbero dovute affrontare, una per una e con più approfondimento, negli anni successivi. 

Stato essenziale società vitale è una serie di note che, senza voler coprire in profondità e larghezza un programma di governo, tocca alcuni nodi essenziali (fisco, scuola, sanità, lavoro, PNRR, Mezzogiorno, giustizia e burocrazia) e soprattutto fornisce, in ottica appunto di primo ausilio, un metodo di approccio più che un set di soluzioni ai temi di governo.

In secondo luogo, sussidiario ha anche un significato più specifico, collegato a quello generico appena richiamato. La sussidiarietà, cioè la caratteristica di integrare, è un principio che ordina la distribuzione delle funzioni, dei compiti, delle responsabilità sia tra livelli di governo (Stato, Regioni, enti locali) sia tra pubblico e privato. Laddove quest’ultimo abbia la volontà, la capacità e la forza di soddisfare autonomamente le proprie necessità, l’intervento statale dovrebbe arrestarsi.

Lo aveva detto, per primo e con una formula che appare ancora la più felice, papa Pio XI, nell’enciclica Quadragesimo Anno del 1931: «Siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Poiché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle». 

A queste parole è stato dato un valore anche giuridico molti anni dopo, prima con il Trattato di Maastricht del 1992 a livello comunitario, e poi con la riforma del Titolo V della Costituzione a livello nazionale. Eppure, benché la Costituzione lo citi per ben tre volte, questo principio metodologico è pressoché dimenticato, o disatteso.

Il libro di Mingardi e Sacconi ci ricorda, negli appunti sulle singole questioni affrontate, quante volte di troppo e con quanta profondità lo Stato si occupi di questioni sulle quali la società civile avrebbe più di qualcosa da dire. Soprattutto, ci ricorda che non un’ideologia o un’istanza politica specifica, ma la nostra stessa ossatura costituzionale, nel dare un ordine di distribuzione alle funzioni, ha riconosciuto una priorità di chance ai cittadini e alla società civile. 

Sarebbe utile capire perché l’ottica sussidiaria sia così poco prescrittiva. È probabile che non sia solo una questione di tara dirigistica delle nostre istituzioni, a partire da quelle legislative (governo e parlamento). Forse, vi è una debolezza intrinseca al principio di sussidiarietà. Esso infatti fa sì da argine ma, al tempo stesso, fa anche da sponda alla scelta di chi deve svolgere le funzioni necessarie al vivere insieme. In altri termini, se consente e anzi impone allo Stato un passo indietro nella gestione diretta delle cose, al tempo stesso consente di giustificare la presenza e l’ingerenza pubblica laddove si creda che le iniziative private siano inadeguate. In un Paese così fortemente refrattario alla responsabilità individuale e all’iniziativa economica privata e così abituato a vivere del latte delle mammelle pubbliche, non è scontato che la direzione del principio di sussidiarietà sia sempre verso il “basso”.

La lettura di un libro come quello di Sacconi e Mingardi, quindi, è due volte utile: una prima volta perché contiene molti esempi in cui la dinamicità della società civile potrebbe essere valorizzata; e una seconda volta perché ci ricorda dove dovrebbe portarci un metodo che non è solo un valore riconosciuto, ma un vero e proprio principio della Costituzione.

da Il Mattino, 14 marzo 2023

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