31 Marzo 2023
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Diritto e Regolamentazione
Se un antico detto recita che non si può avere, al tempo stesso, la botte piena e la moglie ubriaca, è egualmente vero che nelle amministrazioni locali non è possibile avere un sistema decisionale che coniughi rapidità e controlli minuziosi, semplicità e procedure complicate. La polemica che in queste ore vede sotto tiro l’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) poggia un po’ su questo, perché è ovvio che la retorica politica sembra vendere soluzioni irrealistiche nel momento in cui promette di moltiplicare norme e di rendere più veloce la realizzazione dei progetti in cantiere.
Di fronte ai comportamenti illegali di tanti politici, la strada che molti individuano consiste nell’aumentare i controllori e rendere più tortuoso il percorso. Siamo però sicuri che sia la strada giusta? Il rischio è che non soltanto si finisca per intralciare gli amministratori onesti, ma per giunta si crei un insieme di adempimenti formali che da un lato non sbarrano certo la strada ai criminali, ma dall’altro riducono la correttezza sostanziale al rispetto di meri criteri formali.
Oltre a ciò, in una società non c’è nulla di più diseducativo che trattare ognuno come un potenziale criminale. La sociologia del diritto ha molto studiato questo fenomeno, sottolineando come un ordine giuridico che non crede nella fondamentale correttezza dei cittadini finisce per produrre una crescita dei comportamenti malavitosi. È la cosiddetta «profezia che si autoavvera».
In questi anni l’Anac ha acquisito un ruolo crescente, anche attraverso quello strumento che ha il nome di «piano nazionale anti-corruzione». L’idea è che non bastino le regole e che gli sforzi non debbano concentrarsi nel delineare poche, semplici e facilmente rispettabili norme di carattere fondamentale. Al contrario, l’idea del piano lascia prefigurare una sorta di guerra permanente dei pochi illuminati contro una società che sarebbe intimamente criminale e fraudolenta, e quindi avrebbe bisogno di essere guidata, aiutata, redenta.
Non a caso, l’Anac agisce soprattutto grazie alle cosiddette «linee guida», che non hanno il carattere formalmente vincolante delle disposizioni di legge (il codice dei contratti pubblici, ad esempio), ma nondimeno intervengono in maniera significativa a condizionare le scelte degli attori. Ne discende una situazione che assicura ben poca prevedibilità e ancor meno certezza nelle gare pubbliche, dal momento che questo «normare senza norme» (talora definito soft law) finisce per creare larghissimi spazi di arbitrio.
da Il Giornale, 31 marzo 2023