«Se la crisi energetica e l’inflazione si protrarranno nel tempo è evidente che i maggiori contraccolpi si avvertiranno nel Mezzogiorno. Ma, per il momento, credo che la Campania e il Sud non soffriranno di più rispetto al resto dell’Italia e della stessa Europa». Nicola Rossi, economista, già parlamentare dei Ds e del Pd, attualmente ordinario di Economia politica all’Università di Tor Vergata a Roma e membro del cda dell’IBL, non crede, nel breve periodo almeno, ad «effetti differenziali» per le regioni meridionali.
Perché professore?
«L’aumento del prezzo dell’energia sarà avvertito soprattutto nei grandi insediamenti industriali che sono presenti in massima parte nel Centro-Nord. Per il Sud, dunque, non riesco a intravedere, al di là di quelli generali, peculiari motivi di sofferenza. Naturalmente, se si determinerà un rallentamento del processo di crescita prevista per gli anni prossimi, è facile che le ricadute negative saranno più consistenti nel Mezzogiorno».
La crisi energetica potrà elidere in parte i benefici attesi dal Pnrr o finirà per accelerare il processo di transizione energetica?
«Se si verificasse la seconda ipotesi si tratterebbe di una risposta importante, nel medio periodo si tratterebbe di una risposta strategica. Ma, francamente, dubito che la transizione energetica possa accadere solo con fotovoltaico ed eolico addizionali. In Italia dovremmo ripensare tutti al tema del nucleare. Non si capisce perché non abbiamo problemi a comprare energia prodotta nelle centrali nucleari francesi e li abbiamo a produrre energia in Italia».
Forse a causa di resistenze molto forti?
«Le bandierine ideologiche si stanno ammainando. Forse sarebbe il caso di riconsiderare la questione del nucleare».
Se lo scenario dovesse rimanere a lungo incerto quali settori dell’economia meridionale saranno maggiormente penalizzati?
«Se la tendenza al rincaro dei prezzi tenderà a protrarsi, la spinta inflazionistica si radicherà e si determineranno effetti nel medio periodo. Lo penso già dallo scorso autunno e ne sono più convinto ora. Certamente, attualmente stiamo registrando un picco, ma probabilmente nel medio periodo dovremo comunque fare i conti con l’inflazione. Vedo un quadro complicato per il nostro Paese che dal programma Next Generation ha preso tutto. Io avrei preso solo le sovvenzioni e non i prestiti. Ora abbiamo un disperato bisogno di crescere per ripagare i debiti».
Quali saranno gli effetti dell’inflazione su un tessuto economico debole, come quello del Sud, che si è deciso di sostenere in una prospettiva strategica di crescita del sistema Paese?
«Qualcuno pensa seriamente che il Mezzogiorno possa diventare la locomotiva d’Italia?».
Lo sostengono in molti.
«Lo dicono, ma forse non lo pensano. Nella situazione attuale mi sembra pura fantasia. Comunque, tornando all’inflazione non bisogna dimenticare che nel Mezzogiorno i prezzi sono diversi. E che anche il reddito di cittadinanza ha un potere d’acquisto più alto».
Nel Vallo di Diano si ribellano alla prospettiva di trivellazioni per cercare gas e petrolio. Cosa ne pensa?
«Che non si può avere tutto. Se vogliamo continuare a escludere il nucleare di nuova generazione, non possiamo pensare di basarci solo sulle energie rinnovabili».
Centrali nucleari anche nel Sud Italia?
«Non vedo la differenza con altre aree del Paese. Ma, prima di dire qua o là, ci sarebbe bisogno di avviare una seria discussione per comprendere le conseguenze della scelta della dipendenza energetica».
Su uno scenario globale preoccupante, si innesta a Napoli la guerra interna all’Unione industriali. Mentre si avvicina la bufera gli industriali litigano. Plausibile?
«Ci si dovrebbe interrogare sulle ragioni. Difficile pensare a un’interlocuzione forte col Governo se, e parlo in generale, le principali aziende iscritte a Confindustria sono pubbliche».
dal Corriere del Mezzogiorno, 23 febbraio 2022